…e di come, camminando camminando, ho scoperto un tradimento a distanza di anni…

“Camminare è una forma di resistenza, non solo fisica, ma anche nei confronti del mondo. E’ un elogio alla perseveranza, alla lentezza, allo sforzo, che in una società ossessionata dai risultati è decisamente controcorrente” così si è espresso Olivier Bleys, il noto scrittore ‘camminatore’ intervistato da Laura Traldi per D di Repubblica. Il suo obbiettivo attuale è quello di girare il mondo a piedi. Un’avventura che ha già iniziato a vivere, sebbene a tappe…4 settimane di camminata all’anno, almeno fino a quando i figli non saranno abbastanza cresciuti da permettergli una maggiore autonomia. E sino ad oggi ha camminato per 850 chilometri, come lui stesso ha raccontato, una media di 27  al giorno. Ultima tappa Ucraina in attesa della prossima partenza che ripartirà da dove ha lasciato. “Nel suo essere ancestrale – racconta Olivier Bleys – la marcia è un’attività super contemporanea perchè risponde ai bisogni di chi soffre per la folle velocità che ci impone il quotidiano”. 

Uno stile di vita e di pensiero in cui mi riconosco quasi appieno, anche per me camminare è una sorta di meditazione che ti pacifica con l’universo e liberando la mente permette pensieri e riflessioni impossibili in altri contesti. Da che ricordo, camminare per me è stata sempre un’azione salvifica. Ai tempi della scuola per sedimentare e capire camminavo intorno al tavolo della sala, magari ascoltando musica, camminavo e pensavo, camminavo e pensavo, un Don Abbondio in gonnella e con tanti anni in meno sulle spalle. Oggi gli imito anche la postura, le mani incrociate dietro, lungo la schiena. Ho scoperto quanto sia rilassante camminare così.

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Camminavo a lungo in estate, spingendo la carrozzina di mio figlio ogni mattina, lungo vie alberate di Riccione mentre concludevo che la risoluzone per me sarebbe stata portarmi un taccuino dietro o un registratore per tutto ciò che quelle camminate mi permettevano di produrre, idee e deduzioni. E’ stato proprio in quelle lunghe camminate (il termine passeggiata è decisamente riduttivo e non per il tenore della falcata, ma per le intenzioni meditative che la camminata, a differenza di una passeggiata, mi permetteva)che all’improvviso ho visto quello che per anni non avevo voluto vedere, una finestra si è aperta  su un tradimento di cui ero rimasta vittima inconsapevole almeno dieci anni prima…In un attimo tutti i tasselli sono tornati al loro posto, alcune risposte ad interrogativi che erano balenati alla mente come meteore, ma che con altrettanta velocità avevo insabbiato. Che sciocca ero stata, a tradirmi la mia insegnante di storia dell’arte.

storia dell'arte

Mi stavo preparando all’esame d’ammissione all’Accademia di Belle Arti a Roma e la materia principe era proprio la sua. Lei mi era stata presentata da un’amicizia in comune e devo riconoscere che è stata bravissima, è solo grazie a lei se sono riuscita a comprendere a fondo il valore dell’arte, che travalica il suo limite più ovvio per trasformarsi in mezzo di conoscenza della storia e della società e dei suoi cambiamenti. A seguire le mie lezioni a casa, c’era anche lui, altrettanto appassionato d’arte quanto me, forse più di me. Ad un certo punto la mia insegnante sparisce, non si fa più trovare, “dispersa”, forse non sono riuscita neanche a pagarle le ultime lezioni..o forse sì..proprio non ricordo questo particolare di certo non di poca importanza. Non capivo cosa fosse potuto succedere. E non c’è stata la maniera di ritrovarla, né di parlare con lei…sparita!  Per quanto riguardava il mio esame ero già avviata bene perciò sono riuscita a prepararmi sino alla fine da sola e a sostenere con successo il test d’ingresso. Ma questa cosa continuava a ronzarmi nella testa sino a che è volata via. Poi un giorno a spasso per i Castelli romani, lui mi ha fatto notare una casa dicendomi che era quella dell’insegnante….Ma lui come faceva a saperlo?

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La domanda mi era sorta spontanea, ma non ero mai uscita dalla mia bocca  e poi, come spesso accade quando si è giovani o molto innocenti, si sorvola, inconsciamente non si vuole approfondire o dar seguito a quella strana sensazione, quel lavorio interiore, quella vocina, quel settimo senso,. Evidentemente la questione non era scomparsa dalla mia vita, si era solamente silenziata, si era acquattata da qualche parte camuffandosi d’altro per tornare prepotente non appena io fossi stata pronta. Certo dieci anni dopo, non è una grande soddisfazione, ma chiudere un cerchio è sempre di sollievo. E tutto questo grazie alle mie adorate camminate. E non ho mai smesso di camminare, andare, muovermi ogni qual volta senta il bisogno di pensare. Chissà come sarebbe se anch’io trovassi il coraggio di mettermi come obbiettivo un cammino catartico? Al termine sarei la stessa persona?

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