“Boccascena, ribalta, graticcio, corde, stangoni, catinelle,….Una nomenclatura che parla di Teatro

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Il Teatro, dove realtà e finzione si mescolano, il Teatro come espressione antichissima del vivere e il Teatro dove le sensazioni le senti in “3D”.  Io ho sempre avuto un legame ‘mistico’ col teatro. Ho sempre la sensazione, entrandoci, di percepire la fatica, le speranze, la gioia o la delusione di chi lo calca il palcoscenico. Il mio obbiettivo è il proscenio, le quinte e il retro palco, i camerini, le corde, il sipario, il vociare frenetico di tutto il gruppo di lavoro, dagli attori al suggeritore, dai direttori di scena ai tecnici, alle sarte, alle comparse,…….Un mondo misterioso e faticoso, bistrattato nella storia, oggi compreso, ma non valorizzato a dovere. Che emozione mi regalano le voci portanti degli attori, che scandiscono le battute per farle arrivare anche agli spettatori più lontani, l’enfasi propria della recitazione teatrale, i chiaro-scuri delle scene,….In alcune parti del mondo, quelle dove la cultura artistica è tenuta in considerazione come un’altra qualsiasi arte in grado di trasmettere conoscenza oltre che piacere, fare teatro è sempre una tacca in più da aggiungere con orgoglio al curriculum. Se il palcoscenico lo fai tuo, sei davvero un bravo attore. Dalle nostre parti il teatro, per come la vedo io, è parecchio sottovalutato, spesso fatto calcare a ‘personaggini’ lontanissimi dal saper usare l’arte della recitazione. Il massimo che ho sentito dire da certe boccucce è che “è bellissimo, il mio personaggio è proprio come me”. Quando forse l’essere attore prevede la capacità di calarsi in altre vite e riuscire ad esprimerle seppur lontane dalla propria personalità, o almeno da quella mostrata.

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E dopo questa lunga premessa (è più forte di me quando si tratta di teatro), in quest’occasione propongo una visita al Teatro Storchi di Modena, un po’ un’emblema della città. L’ho visitato solo una volta in occasione di un evento che stavo seguendo per lavoro, perciò proprio dalla visuale che preferisco, dal dietro le quinte. Dello Storchi mi ha affascinato la sua realizzazione accompagnata praticamente sempre da problemi, complicanze, particolari impedimenti, rifacimenti,…E’ stato progettato   da Vincenzo Maestri nella seconda metà dell’Ottocento e deve il nome a Gaetano Storchi, ricco benefattore che ne finanziò la costruzione.
“L’architetto elaborò un progetto formalmente elegante ed armonioso – come si legge nel sito visitmodena.it –  ma la  realizzazione avvenne in economia, su un terreno che si rivelò dall’inizio instabile, con l’impiego di materiali scadenti che ben presto ne compromisero la stabilità; l’ornamentazione, per stessa ammissione del Maestri, divenne grezza e sommaria.

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Da perizie effettuate poco prima dell’apertura si rilevarono alcuni crepacci nella facciata di levante e ponente.
Nel 1893, oltre al ripresentarsi degli stessi inconvenienti, si riscontrarono cedimenti nella volta che, unitamente alla cattiva acustica del teatro e a “stacchi” nel palcoscenico, ne determinarono una radicale ristrutturazione, affidata l’anno dopo all’ingegnere Luigi Sfondrini di Milano, già autore dei teatri Costanzi di Roma e Verdi di Padova.

Questi provvide al rifacimento della copertura, ad una leggera modifica della curvatura della sala ed alla costruzione (1895) della seconda loggia nella facciata di ponente Negli anni seguenti si registrarono pressoché continui interventi alle coperture. Sempre leggendo la storia dello Storchi di Modena attraverso il sito succitato,  nel 1929 fu restaurato l’esterno e nel 1931 il radicale intervento dell’architetto Mario Baciocchi di Milano ridusse la sala allo stato attuale”. Tanti quindi gli architetti che vi misero mano nell’arco del tempo e gli artisti che lo decorarono come il carpigiano Fermo Forti che dipinse la copertura a catino del teatro modenese che conta 388 posti in platea, 116 sulla balconata e 136 nei palchi.

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Ed entrare in un teatro per me è momento di raccoglimento e silenzio.