Ci conosciamo, seppur non personalmente, ormai da diversi anni e a portarmi verso di lui, proprio la sua Passione per il western. Una nota che mi sembrava particolarmente ‘bizzarra’ oggi e la mia curiosità ha avuto la meglio e il mio bagaglio si è arricchito di un’altra personalità molto interessante e piena di cose da raccontare, oltre a tutte quelle portate a termine. Perfettamente a suo agio tra cinema indipendente e scrittura, Stefano Jacurti è “uno dei pilastri della cultura western in Italia” come lo ha definito il sito specializzato farwest.it.

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Tra le sue pellicole più note “Inferno Bianco”, sugli scaffali delle librerie invece molto ricercato “Il baule nella prateria”. Ma Jacurti è freschissimo di nuove produzioni, una recentissima come scrittore con “Western sex rock and horror” e l’altra come regista e attore in “Se il mondo crepa” che gli è valso lo scorso anno il Premio come miglior film western non americano al Festival Internazionale del cinema di Hudson, negli Stati Uniti. Che dire una grandissima soddisfazione, oltre al fatto che il film ha ispirato anche il disegnatore Stefano Andreucci su Tex.

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“E’ stata una gioia immensa. Quando è arrivata la notizia non ci credevo, essere premiati in America con un western è fantastico ed oltre a Stefano Andreucci per Tex, è arrivato Mauro Laurenti che disegnerà il personaggio che interpreto nel film su Zagor, li ringrazio di cuore per tutto ciò”

Ci sono aspetti nuovi di te che hai messo in gioco in questo corto?    “Ad esempio uno è quello di avere una produzione sulle spalle che è una responsabilità enorme, non ho problemi a dire che quando ho visto arrivare il camion con tutto il trasporto per il set, ho pensato “oddio e adesso?” Ma è la stessa cosa che succede all’attore che sta dietro le quinte con il cuore in gola perché dopo pochi secondi toccherà a lui, quindi per lo stesso meccanismo, mi sono buttato come sempre, pronto a dare tutto quello che avevo dentro perché ero lì per quello”

Oltre alla grande soddisfazione, il premio ti ha aperto strade nuove?   “Non ti sto scrivendo da una casa di Beverly Hills, circondato da belle donne ai bordi di una piscina dove è pronto un grande party e non è arrivata una pioggia di dollari, è arrivata invece una consapevolezza in più, un riconoscimento internazionale che condivido con tutto il cast e con Emiliano Ferrera. Se però dovessi girare un film domani mattina, dimenticherei immediatamente la grande soddisfazione perché sarebbe come se non fosse mai accaduta. Per me ogni viaggio è diverso, ogni volta si ricomincia tutto da capo e bisognerà sudarsela, perché è un’altra partita, insomma la penso così”

Nel 2009 hai realizzato ‘Inferno Bianco’, ovviamente sempre un western, ma in un habitat a noi sconosciuto, innevato. Come avete pensato ad una ‘immersione’ così alternativa e lontana da quella notoriamente conosciuta e alla quale siamo abituati? Sabbia, sole, deserto,cactus, praterie,….         “Il western più nordico è sempre lì. Ai cactus, ai deserti e canyon dell’Arizona, del Texas o del New Mexico, alla Monument Valley nello Utah, si contrappongo le montagne rocciose, le fredde praterie del Montana e del Wyoming, i due Dakota che sono molto a nord oppure l’Oregon. Ma se questa è la geografia, al cinema le cose sono andate diversamente. Non ho risposte certe sul perché, una potrebbe essere che la neve per i registi è una rogna in più come difficoltà. Fatto sta che i western con la neve sono stati pochi. Voglio ricordare “Corvo Rosso non avrai il mio scalpo” di Pollack, “I Compari” di Altman, “Alaska” con John Wayne, “I giganti del west” ,” Il grande Silenzio” di Corbucci e so che non sono tutti, ma complessivamente, rispetto all’ambientazione classica da te citata, sono pochi. Proprio pensando a quei pochi, una sera che faceva un freddo cane, appena usciti da un locale, ci venne in mente per gioco di dire dai… ci spariamo addosso nella neve…ma non era la battuta di una sera, appena tornati a casa iniziai a scrivere e poi partimmo tutti per quella che ritengo una delle più grandi ed affascinanti follie della vita, e fu, come puoi immaginare, molto dura”

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Qual’è oggi il pubblico di film di questo genere?        “Lo zoccolo duro penso sia quello dai quaranta in su, ma la rete smentisce e spesso in modo clamoroso, ci sono molti appassionati che sono sotto quell’età, ma che amano il western lo stesso”

A proposito di genere, quanto è cambiato nel tempo? Ci sono elementi nuovi nei film/racconti western che solo una decina di anni fa non erano contemplati?     “Il western ha avuto un suo percorso a seconda delle epoche, gli ultimi anni hanno visto arrivare western dalle tinte più cupe e molto meno ottimistiche, non dimentichiamo che c’è un crollo di valori in atto e questo è normale che si senta anche nel cinema”

Quanto bene conosci i territori che sono la radice della tua passione?   “Le location le conosco bene, le ho esplorate e battute sempre molto prima di girare, sono fondamentali”

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Raccontami di te…quando ti è nata questa passione, come l’hai scoperta?    “Non l’ho scoperta, ci sono nato. Quand’ero bimbo il western imperversava alla vecchia tv in bianco e nero e spesso erano film di John Ford o satelliti importanti, con John Wayne e tutte le star della vecchia hollywood alla carica come uno squadrone di soldati del cinema, mettici poi i giocattoli, la tv dei ragazzi a tema, fumetti, pistole e fucili per giocare in strada e in quell’Italia del boom economico , sicuramente più ingenua, ma piena di entusiasmo e i conti tornano”

Perché è diventato tanto forte nella tua vita? Il western cosa riesce a trasmetterti?      “Mi trasmette un senso di libertà infinita, conosco le sue regole, quali sono state per molto tempo e come sono cambiate quando c’è stata l’esigenza di cambiarle e le rispetto entrambe perché lo amo. I miei western possono piacere o no, ma raccontare quelle storie mi permette di rivivere quelle atmosfere, mi permette di rifare a modo mio, i viaggi nell’immaginario con cui sono cresciuto oppure mi permette di fare i viaggi che non ho ancora fatto. Quello storie sono magnifica e metaforica occasione, su carta o su un set, per riprendere quelle pistole giocattolo che dovetti lasciare perché stavo crescendo. Il western ha colorato la mia bellissima infanzia, poi con l’arrivo degli anni 70 ha salvato la mia adolescenza, tutto meno che bellissima, perché fu un momento difficile. Se penso ad una cosa per la quale posso essere un uomo felice, è che negli anni sono riuscito a crearmi una storia personale con il western, un archivio, un percorso artistico attivo. Forse è questa la riflessione più importante che posso fare”

Oggi mi sembra che stia vivendo una nuova fase, un nuovo interesse si sta muovendo intorno a questo mondo, ma probabilmente con dinamiche diverse. Come può attrarre appassionati nella società odierna?       “Clint Eastwood trattò nel western “Gli Spietati” il tema dell’uso delle armi, un argomento molto sentito negli Usa ma ormai purtroppo, ovunque, con una parte a favore, dura a morire, e una altra che dice che bisogna farla finita con la detenzione delle armi. Tarantino ha trattato nel western ‘Django Unchained’, la questione della schiavitù e quella razziale, tanto per fare degli esempi. Ci sono dei western che parlano della pena di morte come “Impiccalo più in alto” altri, quelli più datati, parlano dei viaggi della spèranza, quello dei coloni verso ovest. I coloni provenivano dai bassifondi di Boston o New York, oppure lì appena sbarcati e le loro condizioni di povertà non erano affatto diverse da quelle raccontate nei Miserabili. Quindi mi sembra proprio che gli spunti sull’attualità per interessare la gente non manchino. Solo che in America per dirla in breve, quel viaggio della speranza, in negativo, significò lo sterminio degli Indiani D’America e più che i coloni o i mandriani, fu l’esercito a cozzare contro la cultura indiana. La Vera storia del west è stata spesso cronaca nera, contraddizioni feroci. Ci sono aspetti davvero splendidi degli Usa, da sogno, il sogno americano appunto per la serie “non ce ne frega nulla di chi era tuo padre, ma quanto vali tu” oppure “anche tu ce la puoi fare” una cosa meravigliosa. Purtroppo a tutto ciò si affiancarono situazioni terribili. Il genere western racconta questi contrasti, che siano fra un bianco e un rosso oppure fra due bianchi o fra un bianco e un nero, perché è un grande contenitore di situazioni umane. Del resto l’America è nata così. Fermo restando che il bene e il male ci sono ovunque, non c’è un solo posto al mondo dove esista una sola componente, quello che in America è diverso, è che il bene e il male sono molto più avvinghiati l’un altro, perché le origini della storia vengono dal west, un luogo selvaggio e da un periodo, 1800- 1890, tutto sommato breve, ma dove successe il finimondo”

Se western deve essere, deve esserlo sempre a condizione che ci siano le stesse caratteristiche?     “Penso che ognuno debba essere libero e proprio questo è il bello, di raccontare quello che crede, di essere a suo modo originale, sono altresì convinto però che un minimo di regole nel genere bisogna rispettarle, altrimenti per come la penso io non ha senso scrivere un western o girare un western se poi è solo un cappello in testa. Che senso avrebbe parlando di altri generi, raccontare di un vampiro in modo sì personale ed originale, magari anche innamorato, se poi alla fine il vampiro non morde nessuno? Allora è meglio raccontare un’altra storia”

Purtroppo perché rinfrescati dalla recente morte di Bud Spencer, molti sono i film che sono stati ritrasmessi, del filone italiano. Ed è tanto strano che sia stato un regista italiano a saperlo raccontare tanto bene il western, Sergio Leone. Cosa ne pensi?   “Tutto il bene possibile. Sergio Leone è stato un genio, un poeta del cinema, uno che raccontava un west tutto suo ponendosi in quel momento più avanti. Ha creato dei capolavori, ha rigenerato il genere, lo ha plasmato, lo ha fatto rinascere, ha lanciato Clint Eastwood ha contrinìbuito anche lui a valorizzare attori italiani come Volontè, ha chiamato Lee van cleef dato per finito, ha messo in campo Tuco – Eli wallach, straordinario, ha messo Eastwood in mezzo a loro perché aveva capito che stava diventando un icona gigantesca, infatti nella trilogia del dollaro gli altri, si alternano su chi c’è prima e poi non c’è più e su chi arriva dopo ma prima non c’era, ed oggi sappiamo chi è stato Clint Eastwood nel western e non. Bud Spencer ci ha lasciato, l’ultima volta che lo vidi fu ai funerali di Giuliano Gemma, aveva difficoltà a camminare, era con il bastone ma non mollava perché voleva salutare Ringo, è il nome che abbiamo urlato in molti quando lo abbiamo salutato, un grande. Abbiamo visto il bagno di folla gemello giorni fa, quando Bud Spencer è andato via, lo abbiamo amato tutti”

C’è differenza tra i western americani e quelli firmati da Leone? Ovviamente la serie all’italiana, gli spaghetti western, mi sembrano altra cosa       “Lo sono infatti, ma ci sarebbe da interrogarsi anche su tutte le differenze all’interno del western italiano, fra Leone e chi lo ha seguito girando grandi Cult come Castellari, Tessari, Sollima padre e tanti altri, poi ci sarebbe da chiedersi, sì, i western americani,ma quali? Perché anche dall’altra parte dell’oceano, i western non sono tutti uguali fra loro. Personalmente sia per passione, che per età, sono anche di forte Fordiana memoria, e ho amato moltissimo i western di Peckinpah e di altri. Non vivo una guerra di religione sul western fra Italia ed Usa, semplicemente ho vissuto molto delle due sponde ed entrambe mi hanno lasciato qualcosa dentro in periodo diversi della mia vita, il che significa che se Sergio Leone è stato un genio, film come Ombre rosse, o Sentieri selvaggi, per me restano dei capolavori. Ma poi è sempre un a questione di gusti”

Oggi le persone stanno anche riscoprendo i balli caratteristici, quadriglie,….a balli come stai?   “Non c’è una regione italiana che oggi non abbia sul territorio un gruppo di “line dance”, il ballo country, sono uno spettacolo! Peccato che io non abbia mai avuto il tempo per imparare, poi magari ballerei come un orso lo stesso , però questa line dance che meraviglia!”

Tanta la tua produzione, come regista, attore e scrittore. In quale ti senti più calato?   “A seconda del momento, nell’ultimo, dove sono stato scrittore, mi è sembrato di tornare da un viaggio, quello fisico sul set, per poi mettermi davanti ad un pc e iniziarne uno mentale, completamente solo con me stesso. Anche questo ha un suo fascino”

Quanto cow boy sei nella vita?      “Direi per niente, per molte cose. Sono solo Stefano, lontano dai personaggi che interpreto, una persona che fra soli tre anni entrerà nei 60, che ama fare le gite fuori porta, che legge i libri degli altri, che resta perplesso di fronte al mondo spesso arrogante di oggi, che si porta dietro i suoi ricordi, uniti a diversi difetti, . Ho un mio modo di essere casinista a cui alterno momenti di malinconia con cui ho imparato a convivere. Per altri aspetti però il cowboy lo trovo , come quello di amare molto la natura o come quello che avverte… occhio che qui c’è il mio paletto, se lo superi ti cerchi i guai e ti posso assicurare che arrivano. Sono disponibile all’ascolto, ma non per questo mi faccio passare la mosca sotto il naso, ho molto rispetto per gli altri, ma se non c’è per me, me lo prendo”

Il ruolo delle donne all’epoca pur molto lontano dagli obbiettivi raggiunti sino ad oggi, sembrano comunque sempre donne di polso. Avevano il rispetto degli uomini?   “Chi conosce la storia del west lo sa, per chi non la conosce bene penso, come hai già premesso tu, sia meglio non farsi illusioni, si era nell’ottocento e se ancora oggi ci sono dei problemi figuriamoci allora. Questa è la premessa per non credere alle favole. Tuttavia ci sono state alcune sacche di positività per le donne anche allora. Ad esempio in piena epoca del west il Wyoming uno degli stati più western ancora oggi, diede diritto di voto alle donne e questo avvenne solo quattro anni dopo la guerra civile, nel 1869! Le donne nel west le possiamo vedere fra i coloni, nelle foto storiche che troviamo in rete, mentre si spaccano la schiena sui campi a rompere le zolle come gli uomini. Poi è chiaro che all’epoca molte alternative non c’erano. O sposavano un militare, ecco perché alcune di loro erano nel forte, oppure c’era il mestiere più antico del mondo, quello delle figlie della gioia, sorelle della miseria, così erano chiamate le prostitute nel west. Ci sono state però delle donne che formarono dei comitati contro l’alcool o contro la prostituzione, certo lo facevano usando toni da crociata, ma era l’ottocento e anche loro vivevano il west dove tutto era esponenziale. Ad ogni modo alcune di loro si mossero per tentare di arginare le varie piaghe del west. Ci sono state anche pistolere famose, Calamity Jane ad esempio e diverse altre, però rispetto all’andazzo di allora per forza erano poche. Io sono figlio di una cultura ben precisa “il western è roba da uomini” però nei miei lavori, ho sempre dato spazio ad un personaggio femminile nelle mie storie e proprio perché sono nato con il western più conservatore, averlo fatto, penso abbia ancora più valore. Debbo dire, grazie alla rete, che oggi comunque le donne che seguono il western non sono come numero ancora come gli uomini, ma sono decisamente aumentate, Anni fa questo aspetto era assolutamente impensabile”

Chiudiamo con il tuo ultimo libro “Western sex rock and horror”, freschissimo di stampa. Perché questo titolo, cosa rappresenta?      “Perché mi piaceva evocare la frase anni 70 “Sex & drugs & rock and roll” la ricordo bene con un sorriso e allora nel titolo volevo creare lo stesso sound, ma dentro il mio mondo”

Rispetto ai tuoi precedenti, come lo hai pensato?    “E’ un libro dove il western gioca in casa, sono sedici racconti e non tutti brevi, dove il genere è presente e viene raccontato in modi diversi. Ne cito alcuni: Un bianco catturato dagli indiani per un western innevato su carta, un ranch che sarò teatro di una mattanza e dopo si capirà perché, poi una donna contesa da due pistoleri che per sbarazzarsi di entrambi,organizza un piano perfetto (vedremo se sarà perfetto) oppure l’infanzia di un bambino nel west. Il western incontrerà gli altri generi come l’horror, con i racconti ambientanti nella guerra civile americana dove in agguato c’è qualcosa di terrificante, quindi l’immaginario collettivo con le cow-girl dove si entrerà anche nel’erotico ma con un percorso che non sarà gratuito. Voglio ricordare Billy e Brenda, un biker maturo e una ragazza ribelle on the road sulla Harley Davidson per un viaggio che in qualche modo sarà utile ad entrambi. Ci sono molti colpi di scena nel libro, non mi sono risparmiato su azione e psicologie dei personaggi”

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