Sono passati parecchi anni, almeno sei o sette, da questa intervista, ma il noto poeta, scrittore e filosofo marchigiano è rimasto  nel tempo, una delle personalità che più mi hanno incuriosito ed è per questo motivo che torno a rileggerla con voi. E’ il racconto di una chiacchierata fatta nel corso di un breve viaggio in macchina

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Io La Vita Conosco Per Istanti”       Questo in sintesi il cuore della poetica di Umberto Piersanti, scrittore e poeta, docente universitario presso l’università della sua città natale Urbino. In cattedra per insegnare Sociologia della Letteratura e poi ancora autore e regista di film-poemi (come tiene a definirli), direttore di riviste culturali, piccione viaggiatore per portare il suo ‘canto magnanimo’ ovunque lo si desideri ascoltare. (“Il canto magnanimo, a colloquio con Umberto Piersanti” è il titolo di un gradevolissimo libro pubblicato nel 2005 in cui Roberto Galaveni e Massimo Raffaeli intrattengono discussioni appassionate con il poeta marchigiano).

Ed è proprio ‘in movimento’ che lo conosco più da vicino, quella volta che l’ho accompagnato da San Marino alla stazione di Rimini. Una trentina scarsa di chilometri, ma una trentina di minuti intensi di chiacchiere e curiosità che mi hanno permesso di attraversare la soglia dell’aspetto professionale del ‘nostro’, per accedere (seppur minimamente) ad una sfera più personale, quella in cui capita di scoprire un po’ se stessi. Umberto Piersanti ha l’aria del filosofo anni ’70, cappello a larghe tese, giornali, cartelle e fogli sotto il braccio, ma soprattutto una voglia infinita di raccontare. E’ molto curioso starlo ad ascoltare perché spesso, usando la stessa tonalità bassa, da voce narrante, va citando i suoi scritti o descrive emozioni e pensieri attraverso una metrica più poetica che colloquiale. Bisogna ascoltarlo, quindi e lasciarsi accompagnare attraverso i suoi infiniti ricordi che raccontano la sua terra, questa è la sua particolarità, essere un cantastorie moderno di una generazione, di un territorio, di un Paese, ‘conoscendo – appunto – la vita per istanti’.

 “Cantare la propria terra bisogna saperlo fare, esiste il localismo che non ti fa andare oltre ad una  dimensione di bozzetto, esiste invece il locale che permette di dare ad un nostro terreno, un nostro spazio, una nostra radice, una dimensione universale. Sarebbe possibile una Romagna senza Pascoli? Sarebbe possibile Pascoli senza la Romagna o D’Annunzio senza l’Abruzzo?

Roberto Galaverni e Massimo Raffaelli dicono di lui: ‘Se la città di Urbino è ad appannaggio dell’opera del grande romanziere Paolo Volponi, le terre circostanti a partire dall’altopiano delle Cesane ( catena collinare tra Urbino e Fossombrone) lo sono invece innanzitutto dei versi di Umberto Piersanti.’ . Mentre continua il nostro viaggio verso la stazione di Rimini, il professore mi spiega la sua poesia :”Io appartengo alla tradizione centrale, sono marchigiano, il mio poeta di riferimento è Giacomo Leopardi. SI potrebbe dire come diceva uno studioso tedesco, tra Pascoli in Romagna e D’Annunzio in Abruzzo e credo ancora alla pronuncia alta, al canto, al ritmo al suono, ‘..Magra che eri fra tutte la più gentile, persa con le tue amiche in fondo al corso..’(ecco una delle tante libertà poetiche inserite con estrema tranquillità tra un discorso e l’altro). Naturalmente non ritengo che questa sia l’unica ricerca possibile, ma credo che abbia diritto di cittadinanza come sembrerebbe ci è sempre più difficile che l’abbia in questa Italia come sempre dominata dalle mode culturali”

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Una particolarità spiccata, direi vera vocazione, di Piersanti è il piacere della parola “Io ho una vocazione all’oralità, siccome io sono abituato agli antichi racconti contadini, alle veglie davanti al fuoco, sono l’ultima generazione che ha nell’orecchio il racconto..’Quando bambino ero sulle Cesane, non c’era televisione, né  radio e neanche la luce elettrica, c’erano i lumi arsi delle acetilene e si ascoltavano i racconti. Dunque anche adesso sono portato a tentare di rendere la dimensione dell’oralità, il racconto a voce.” Sicuramente una capacità non da tutti: “ Per qualche d’un altro (lascio come pronunciato) potrebbe essere difficilissimo. Puoi prendere un poeta che magari scrive divinamente, ma che non potrebbe mai tracciare un dialogo dal punto di vista orale. Però vorrei dire che Urbino e in particolare le Cesane, sono il punto da cui inizia lo sguardo”

Continuando a guidare verso Rimini mi vien da chiedergli come riesca ancora a trovare la musa ispiratrice per descrizioni così ‘intimiste’:  “La natura è una continua e concreta meraviglia e s’io posso anche cantare l’ho fatto, anche Parigi e Praga o anche gli altopiani casigliani, C’è un pezzo di terra che è legato ai tuoi ricordi, alla tua vita, alle tue percezioni, e poi lo stupore per la natura è totale. Mentre facevo un film poema ho interrotto il tutto perché c’era una lumaca che stava piegando uno stelo di ginestra. L’operatore e il direttore della fotografia sono stati costretti ad interrompere la scena d’amore per guardare la lumaca in quel modo che non sarebbe più stato lo stesso o uguale di lì a qualche istante. Chi percepisce la natura può stare anche un giorno chiuso in  una casa, a guardare i mutamenti impercettibili del mondo, sono l’epifania dell’essere”

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C’è un pittore che potrebbe rispecchiarla attraverso la sua scrittura?

Bella domanda…Sono i minori marchigiani, toscani, romagnoli, quelli come Raffaelin Del Colle, che raccontano il fiume Metauro, che mettono tutte le erbe, che mettono la Madonna della Garza, che mentre lei copre il bambino si intravedono ombre e chiaro scuri,…oppure come gli straordinari affreschi dei fratelli Salimbene all’oratorio di San Giovanni a Urbino, dove c’è la caccia col falcone, il prato con le erbe, io mi voglio ritrovare anche in questi autori minori, che sono minori per modo di dire visto che dopo 500 anni sono ancora noti, ognuno di noi spererebbe di avere la loro stessa fama. E mi ritrovo anche enon perché sono urbinate, in Raffaello più naturalistico, perché quella natura che con i toscani era solo uno sfondo, con Raffaello pur non diventando come per Giorgine o Tiziano un elemento centrale, non è più uno sfondo, è una natura ricca, piena densa, il cardellino in primo piano, la rosa, il fiore, ecco in questo io mi ritrovo, anche nella tradizione classica perché pur essendo i miei libri percorsi anche dai dolori e dalle tempeste, anelano ad un armonia, a quella armonia che il Rinascimento credette per un attimo di avere raggiunto”

Professore che trasmette con una semplicità incredibile un sapere profondo, che spazia da un tema all’altro con cognizione, ma senza pesantezza o prosopopea. Il suo ultimo libro, in attesa del prossimo che sarà edito da qui a pochi mesi, si intitola ‘Olimpo’ e viaggia con passione tra il presente di un uomo di mezza età che ama (poco riamato o amato diversamente, diremmo noi oggi) una giovane global. Quindi gap generazionale, scontro/incontro di percezioni del mondo. Tutto questo pero, il professore filosofo lo proietta nella classicità della mitologia, degli dei. Una storia che sicuramente gli appartiene perché è attraversata anche da quel sano senso erotico che emerge spesso nei racconti di Piersanti. Si capisce che ama amare, che la passione fa parte della sua vita e forse, proprio per questo riesce a cogliere l’attimo fuggente di qualsiasi istante di vita “E’ un tramonto bellissimo, giallo e arancione sopra i dirupi e più lontano viola, un viola che sfuma leggermente sempre più rosa nell’azzurro nitido. Non c’è una nube, non c’è una striatura di vapore, il cosmo oggi è perfetto, e lui odora le ginestre e guarda, gode  di quell’aria e quella luce, così perfetta arriva per istanti e tanto di rado”

Il nostro breve viaggio sta per concludersi e proprio perché è un piacere che condividiamo, gli ho chiesto a bruciapelo da cosa scapperebbe oggi: “Scapperei  dalla banalità quotidiana, dalle spirale delle piazze e dei caffè sport, fuggirei……. sulle colline delle Cesane , oppure anche verso San Marino, San Leo, in Carpegna, per cercare di guardare il mondo, gli alberi se c’è magari un capriolo e fiori”

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Arrivati a destinazione. Che peccato! La stazione di Rimini e di fronte a noi, si sentono i treni sferragliare poco lontano…Ho la sensazione di aver vissuto un attimo fuori dalla ‘vita’ in quella scia in  cui si incanala il poeta, scendendo dalla macchina, abbracciando tutti i suoi libri,giornali,fogli e prendendo la via del suo ‘binario’.