La vita che si è illuminata nel corso dell’ Annus Horribilis, lo scorso, il 2020, si chiama Lucrezia. Un bocciolo di rosa che ha accompagnato i mesi difficili dei suoi genitori e che per loro è stato il beneficio più grande.

12 mesi, di cui 9 di gravidanza, sotto la scure di lockdown, restrizioni, divieti e problematiche.  Tutto questo è finito in un bellissimo libro che mamma Viviana ha deciso di scrivere fortemente ispirata dallo scricciolo che ora riscalda le giornate della famiglia.

“Di una cosa sono certa, se non avessi vissuto il viaggio dei nove mesi, nel cuore della pandemia, l’opera che avete tra le mani, non sarebbe esistita. Se…., se…,..con i “se” e i con i “ma” la strada non è poi tanto lunga” così spiega l’autrice del libro edito da Cavinato “A bordo di un Arcobaleno”, Viviana Fornaro Brambilla, giornalista freelance, in quarta di copertina.

“E’ un inno alla vita che vede mia figlia Lucrezia protagonista indiscussa” spiega ancora Viviana. Il libro che racconta delle visite protette della neonata, dei suoi primi momenti al mondo, nelle chiacchierate con i coscritti e molto altro ancora, ha davvero spopolato sino a finire tra le pagine di quotidiani e riviste a tiratura nazionale. E il fatto che il grande Maestro di cucina Edoardo Raspelli e la giornalista nonché grafologa, Candida Livatino, abbiano curato la pre e postfazione, di certo stimola ulteriormente la curiosità.

Già dalla prima volta in cui Viviana ed io ci siamo conosciute telefonicamente, ho non solo percepito, ma sentito distintamente una carica vitale altissima, una gioia consapevole nel voler trasmettere la sua esperienza. Ma mai avrei immaginato che dietro questa gioia di giovane neo mamma si celasse un passato tormentato e infelice.

Forse il 2020 è stato per lei, per il marito, per la piccola famiglia, una catarsi. Mese dopo mese, accadimento dopo accadimento, il passato sembra essersi sbriciolato per lasciare posto ad una luce nuova, quella di un Arcobaleno, appunto. Ehhh sì, perché lo scorso anno, oltre tutto il resto, nella crisi totale generata dalla pandemia, Fabrizio, il marito, ha perso il lavoro.

A questo punto non potevo che ascoltare direttamente da Viviana come sono andate le cose.

Innanzi tutto Viviana partiamo dall’inizio di tutto, come colleghe sappiamo l’importanza del famoso ‘ABC’ della professione. Quindi qual’è l’obbiettivo di questo libro? Qual’era la tua intenzione? A meno che questa non si sia concretizzata ‘pagina facendo’, in work in progress

Come suggerisci tu, partiamo dall’Abc. Questo inizio, riprende le fila di un capitolo: Lucrezia non sa l’Abc italiano, figurarsi quello inglese, eppure il termine lockdown le suona familiare. Il libro è nato quando la nostra primogenita sguazzava nel pancione: i suoi contenuti, li avevo già pensati nel corso della mia prima vita(ccia). Ahimè, non avrei voluto che quel manoscritto fosse incolore, triste e turbolento. Avrebbe suscitato altrettanto dispiacere al mio lettore e questo, a fronte del mio passato, l’avrei voluto evitare. Mi sono sempre detta che la mia vita avrebbe meritato un posto d’onore, su qualche ripiano in libreria, nelle mani di un coetaneo, o meglio in quelle dei miei persecutori, però ogni volta che digitavo i racconti in gioventù, premevo ‘canc’ e ricominciavo la frase. Dalla comunità educativa, alla casa famiglia, agli incontri protetti con mia madre, al rapporto inesistente con mio padre. Alle cattiverie di un nonno che sapeva solo umiliarmi, in cui la parola “ospite” era la più elegante, nella carrellata di insulti alla sua portata. La mia infanzia, è volata tra i solletici e le golosità della nonna materna, la quale tra una carezza e l’altra, avevo cominciato a chiamare mamma. Con loro, ho visto per la prima volta il mare, ho perso il primo dentino, ho giocato a pallavolo, ho pianto per una madre distratta e astratta. Quando lei saliva sul treno per rincorrere l’ennesima cantonata amorosa, la guardavo dicendo “se piangi, perché te ne vai da me?”. E in quella mano che sventolava dal finestrino, vedevo la sua frustrazione. Era stata minacciata: “o ti sposi o abortisci”, e a diciannove anni scelse entrambe. In grembo, c’ero io che sopravvivevo in un contorno che non era pronto ad accogliermi. Eppure, nonostante le avversità, qualcuno che di nome fa ‘forza interiore’, ha pensato di proteggermi. Se non l’avessi fatto io, chi ci avrebbe potuto pensare? Ed ecco che divoravo riviste, libri. Mi tuffavo nello sport, nella musica. Ogni distrazione fuori dalle mura di casa, mi aiutava ad andare avanti. Il mio svago erano gli amici e il giornalismo. Spesso mi ritrovavo a chiacchiere oltre l’intervista, poiché da una parte sentivano una ragazza desiderosa di carpire e dall’altra, avevo la possibilità gratuita di istruirmi. Nonna Enza, a cui ho dedicato molte pagine, mi insegnò nel pratico la frase ‘volere è potere’ e così andai oltre. Se non funzionava il piano A, provavo quello B e non senza umiltà. E allora, quando mio nonno mi disse: “da sola non potrai mai farcela, sei una nullità, non hai i tuoi genitori”, io cosa pensai di fare? Infilare le scarpe più comode che avevo e correre, correre più degli altri, con la fatica ed il sudore ma, quanta soddisfazione a destinazione. Potevo dire che quel successo, era per mano della mia tenacia, del mio credo. Molti mi chiedevano quale fosse il segreto e io, solo dopo essermi asciugata le lacrime, dicevo: non cadere nei tranelli di chi sa che puoi arrivare, ma per smacco non lo da a vedere e quindi cosa fa? Ti smonta. Una interpretazione che poi, negli anni, si è rivelata utile e di sopravvivenza”

Secondo te come mai questo tuo primo libro ha interessato anche testate nazionali, cosa c’è che forse in altri manca o che in altri non è così visibile?

Questo mio primo libro autobiografico, vuole trasmettere una parola: speranza. Lucrezia è il nostro raggio di sole, che si è fatto largo in mezzo a una savana fitta di alberi. Il 18 febbraio 2019, abbiamo festeggiato il mio 28esimo compleanno ed ero al quinto mese di gravidanza. Quella data mi è rimasta impressa, visto che fu l’ultima occasione pubblica, tra balli, amici e palloncini. Nel corso del lockdown, ho vissuto molti momenti di angoscia: il virus era ancora sconosciuto ed io dovevo tutelare in primis Lei. Gli unici contatti con l’esterno, li avevamo mediante le video chiamate e ogni qualvolta che mio marito tornava da lavoro o spesa, gli ribadivo le procedure. Le nostre compagnie furono snacks, film e tazza. Dal terzo mese in poi, ho iniziato a soffrire di scialorrea, un disturbo raro che insorge nel periodo gestazionale, ereditato dalla cara nonna. Ogni cinque minuti, avevo questo ‘appuntamento’ scomodo con cui poi avevo fatto l’abitudine. Un giorno, Zia Giusy mi consegnò una cinquantina di disegni Mandala. Sapeva del mio estro che postavo su Instagram e così mi fece quel regalo inaspettato. Incominciai a colorare e scrivere. Il pc era sempre acceso: nel mio blog, attivo dal 2015, anno in cui ho ottenuto l’iscrizione all’Odg (Ordine dei Giornalisti), pubblicavo i miei pensieri da gestante. I libri dei nove mesi, li avevo compilati passo dopo passo, però sentivo la necessità di rendere pubblico il nostro quotidiano, mescolato alla mia adolescenza. Volevo che il mondo sapesse di noi, della “vecchia” me. Per anni avevo retto il microfono anche a persone che poco avrebbero meritato e così, dal mondo d’apparenza, scendevo in quello d’appartenenza. Trovare un posto dove dormire a un senzatetto, era più soddisfacente rispetto a una (solo) tutta tette. Il volontariato in prima fila, in Duomo, a contatto con quegli Uomini senza lavoro, mi avevano fatto riflettere: il mondo dello spettacolo non faceva al caso mio. Le persone dovevano sapere che io promuovevo quelle storie, che in fondo, da qualche parte, si avvicinavano alla mia”

Come tu stessa sottolinei, la protagonista vera, seppur sia un libro autobiografico, è la tua piccola Lucrezia. Intanto stabiliamo il suo spazio su questa Terra, quando è nata?

Ben detto, la protagonista indiscussa è Lucrezia, nata il 1°luglio 2020. Nel pieno della pandemia, nella giungla del positivo e negativo, veniva al mondo il frutto del nostro Amore. La sua mamma ha voluto regalarle un libro in cui un giorno si ritroverà: saprà che il passato ha avuto giustizia e che ora giace in uno sgabuzzino e che Lei ha rappresentato la nascita e la ri-nascita della sua mamma. Voglio che sappia del nostro desiderio di volerla tra noi, di quanto l’abbiamo attesa, soprattutto a seguito del primo aborto spontaneo, l’anno prima. Io e lei, nonostante la pandemia, andavamo in vacanza: mi vestivo con un bella maglietta, mi truccavo e scattavo un selfie. Grazie alle App, cambiavo lo sfondo del bagno e magicamente, ci trovavamo al mare, in luoghi caraibici, in un resort. Come quello di Marsa Alam, durante il viaggio di nozze di mamma e papà: tra tutti i posti che potevamo scegliere, la coincidenza ci voleva nel luogo in cui sul muro c’era disegnata Cenerentola ed io la sua carrozza con due cavalli bianchi, l’avevo presa in prestito nel giorno del mio matrimonio”

 In quale modo Lucrezia diventa protagonista del racconto?

Lucrezia diventa la protagonista, poiché è l’immagine del bene che prevale sul resto. E’ colei che trionfa, nonostante le avversità e la paura generale. Le visite in mascherina, in cui i papà non erano ammessi, il tentativo di parto indotto, conclusosi in cesareo, ci ha divisi in un momento storico, in cui le sole persone che potevamo avere accanto, le avevano messe alla porta, a differenza di una discoteca piena o altri fatti che tutti noi sappiamo. La maternità, così come la paternità sono sacre: portano la vita e andrebbero tutelate di più. Lucrezia è riuscita a collimare tante cose, pur non sapendolo: mi ha dato un rapporto migliore con sua nonna, mia mamma, ha portato il sorriso nelle famiglie che non aspettavano altro se non il nostro evento. Ha conosciuto il nonno paterno nella struttura che lo ospita per la riabilitazione: quattro occhi azzurri che si incrociavano per la prima volta, ignari di chi fossero l’uno per l’altro, eppure l’emozione era palpabile. Io penso che qualcuno o semplicemente la vita, mi ha ripagata di tutto il male ricevuto, donandomi ciò che ho sempre sognato: un marito rispettoso, una casa da sogno, una cameretta in cui poter scrivere liberamente, mentre prima era in condivisione con una zia malata di cancro (che ha trascorso gli ultimi anni insieme ai miei nonni) e soprattutto la quiete. Non sento più borbottare alle mie spalle, non sento più chiamarmi in nomi non miei, ora sento solo il vagito di Lucrezia che chiama la sua mamma. La mia felicità, mi ha permesso di non provare più vendetta: la mia barriera immaginaria, fa in modo che nessuno possa entrare nel nostro mondo”

Cosa pensi abbia assorbito da questi suoi primi mesi di vita?

Lucrezia, sin dal grembo materno, ha assorbito emozioni belle: tutti i giorni, tra una lettura, un pacchetto di patatine ed un articolo, ascoltava Radio Bruno. Quando la sua mamma sentiva una canzone particolare, si ballava insieme e lei poteva scalciare in segno di approvazione (o meno!). La musica è stata un’altra compagnia fondamentale: anche in auto, l’accendevo e la mente si trasferiva chissà dove. Per l’arrivo di Lucrezia, il suo papà si è fatto in quattro: dal lettino, alla cassettiera, alla vaschetta del bagnetto. Il sorriso di Fabrizio, mi riportava in Egitto quando scoprimmo di essere in tre. In valigia con noi, c’era anche il test e il mattino prima del volo, con l’esito positivo, i suoi occhi chiari poterono scorgere la vera felicità, come quel sì per la vita. Credo che un bimbo senta cosa significhi essere amato e gli occhi di nostra figlia esprimono questo”

Uno spazio particolare e un particolare ringraziamento tu lo riservi a tuo marito che ha vissuto e sta vivendo forse una doppia realtà, una di sofferenza in quanto come purtroppo molti altri ha perso il lavoro in tempo di pandemia, l’altra di gioia per esser diventato padre e un po’…anche, volente o nolente, un po’ uomo-casalingo. Mi parli di lui, di Fabrizio?

Fabrizio, ha perso il lavoro il lavoro a metà giugno, a due settimane dal parto. Aveva chiesto al datore di soprassedere nell’ultimo periodo, ma poi non è stato più richiamato. Questo perché desiderava starci vicino. Lui è un uomo straordinario, è colui che ha tratto in salvo Cenerentola, conosciuto per caso su Facebook. Con nessuna amicizia in comune, a lui spuntai io. Una frase dopo l’altra, ci aveva portato a mangiare insieme (ci tenevo molto a scoprirne di più in un ristorante della zona). La sua pacatezza, il suo modo di fare e soprattutto il suo contraddistinguersi, mi avevano rapita. Dopo un paio di mesi, mi aveva proposto di andare a convivere e alla fine  del primo mese, un giorno mi portò fuori dal cancello: aveva incollato il mio cognome accanto al suo. Non ero mai stata trattata così, come una signora. Ero passata dalle stalle alle stelle, una sera in cui volevo rimandare il nostro primo incontro, dato che tornavo dall’ospedale in cui era ricoverato mio padre, in compagnia dei nonni paterni. Eppure, nonostante non fossi neanche tirata a lucido, sentivo di non dovere declinare. Fabrizio ha evitato possibili danni sul mio conto, mi ha tratta dalla disperazione, oltre al giornalismo che per quanto potesse ripararmi, era sempre fatto di carta”

Sei una delle poche donne giovani che si presenta col cognome da ‘sposata’ (io non ho più 15 anni ma nel corso del mio matrimonio non l’ho mai utilizzato, non per qualcosa di particolare, ma sono talmente attaccata al mio cognome che non sono riuscita a farne a meno)

Dal giorno dopo il nostro matrimonio, avevo un nuovo cognome: Brambilla. Portare quello del mio uomo, mi rendeva fiera. Rinata. Ripulita dal marcio. Per anni, ero stata accostata a due persone, una in cura ed una assente. Io non mi sentivo rappresentata da nessuna, anzi, dopo aver visto Matilda sei Mitica, mi sentivo nei panni di quella bimba, e al posto della brava maestra, avevo una nonna fantastica. Anche a lei sono rivolti tanti ringraziamenti e nel libro, la ricordo di frequente”

Ovviamente essendo un libro autobiografico include altre figure, tua madre, tuo padre e tua sorella. In alcuni casi un bel carico

Il carico più ingombrante, l’hanno avuto i miei genitori e mia sorella, da parte di madre. Lei vive in una comunità e sta faticando a diventare grande. A differenza mia, non vive di obiettivi ma di Tik Tok, strafottenza e purtroppo cattività. Non ha potuto beneficiare degli insegnamenti della nonna e quindi il suo carattere è un mix degli utenti con cui ha a che fare. Io, quando mi trovavo nello stesso contesto, andavo in biblioteca, mi rifugiavo nelle mie passioni sane e specialmente a 17 anni ero la responsabile del giornalino locale firmato Proloco. Purtroppo lei è più venale e quando le si fa un osservazione, salta in testa. Qui ritorna l’umiltà, fattore determinante in grado di fare la differenza. Perché è vero che noi siamo come siamo stati cresciuti ma la nostra volontà fa il resto”

Al contrario il titolo gioca che il fascio di colori che è la nostra esistenza, quelli dell’arcobaleno. Come è nato?

L’arcobaleno non è altro che l’insieme dei colori nati dopo un temporale. Lucrezia, mi ha permesso di trovare facilmente il nome al libro: lei rappresenta l’arrivo in un momento critico, ma anche un passato altrettanto difficile. I colori sono la gioia, la purezza, la positività, che spesso si ha il timore di pronunciare. I nostri amici più cari, nel giorno del suo S. Battesimo, ce l’hanno detto: “siete una famiglia controcorrente, siete d’esempio”. Loro ci conoscono e sanno che nel nostro piccolo ci si impegna affinché le cose vadano bene. La nostra piccola, ci trasporta nel suo mondo di lallazioni, sorrisi innocenti e capriole e i suoi genitori non possono che estraniarsi dal superfluo”

Pensa che soddisfazione sarà per la tua Lucrezia quando crescerà scoprire di avere un libro…”a suo carico”…

Sì Patrizia, sarà una grande soddisfazione: “mamma ha scritto un libro in cui a sei mesi ero la protagonista e senza sapere nulla del mondo, il mondo sapeva di me”. Mi piace questo gioco di parole, peraltro vero. E’ un libro autentico, poiché riporta il quotidiano, fatto di momenti belli: le uscite all’aperto, gli incontri con i suoi coscritti, la prima volta al mare, a Gatteo. Il compito del libro è suscitare emozioni e riflessioni. Non è un libro per bambini, anche se scritto in chiave semplice, perché vi sono racchiusi diversi aspetti complessi vissuti in prima persona. Chiede però di essere letto con quegli occhi, dato che non c’è l’arresa in nessuna pagina. E di più dei bambini, non crede nelle favole? Spesso mi domandano “come sia riuscita a sopportare i carichi della vita?” e io dico loro che “se non li avessi avuti, probabilmente non sarei la persona che sono ora e quando mi giro, certe ferite bruciano ancora però quando guardo avanti, c’è un paradiso terrestre.

Quali sono stati i complimenti che ti sono piaciuti di più?

I complimenti che mi hanno fatto sorridere l’anima, sono stati quelli della redazione che mi ha accolta dodici anni fa: Vittorio Gualdoni, al timone del free press Logos News, ha creduto in me. Mi “inviava” ovunque: sapeva che ero operativa, anche durante il periodo scolastico. Lo stage, era finalizzato ai “conti”. Il mio indirizzo tecnico aziendale, mi voleva in veste di segretaria, ma io con i numeri, non c’entravo granché. E dopo il primo, secondo, terzo articolo, mi sedevo a lato del suo braccio destro, Alessio Belleri e imparavo l’arte del mestiere. Apprendevo che il sapersi destreggiare con le parole, non dipendeva per forza da una laurea, bensì dal riuscire a comunicare con l’interlocutore. Nonna mi affiancava in auto, anche quando avevo il foglio rosa e ai convegni la presentavo come collega. Le rivolgevano altrettanti complimenti e lei mano a mano, custodiva quelle parole verso una nipote che sentiva come una figlia. Ancor di più quando Edoardo Raspelli, che si è occupato della prefazione, le chiese il “bis” di brasato, direttamente a casa sua. Soddisfazioni che sfoggiava col gruppo di preghiera, lei donna del sud, forte nella sua fede. Chissà quante ne aveva rivolte a me, altrimenti non si spiega!”

..come cantava Raf tanti anni fa, tanti quanto tu data la giovane età, non potrai ricordare, …..cosa resterà di questi mesi?.

Cosa resterà. Una domanda a cui mi sono già risposta. Resterà quella rivincita di cui un giorno Lucrezia andrà fiera. Da madre, mi auspico che possa riconoscere la mia capacità di sorridere malgrado le difficoltà, anche se un periodo poteva sembrare fin troppo nero. Le insegnerò che ci vuole un po’ di fatica per ottenere successo e che questo non si misura con la fama ma con la realizzazione del proprio ‘io’. Le ricorderò di non sottovalutare mai le sue risorse: tutti noi le abbiamo e anche quando sembrano non trovarsi, loro sono lì. L’impegno e la costanza per la realizzazione del nostro gioiello, come piace definirlo, vuole spianarla la strada. Da ‘non figlia di’, so cosa significa lo sguardo del popolo, i suoi commenti e le malelingue. Lei vive in un nuovo comune, ha una famiglia e può girare a testa alta, come una principessa. Il suo nome è quello reale nella fiaba di Cenerentola e noi l’abbiamo scoperto qualche mese fa, durante la lettura

Questa è libera:

Ringrazio la mia reazione avversa alle circostanze: sono felice anche per essere un valido esempio. Molti si abbattono alla prima difficoltà, economica, di salute. Io credo che bisognerebbe ascoltarsi di più e lamentarsi di meno. In quel frattempo, c’è la soluzione”

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