“E, la vita la vita
e la vita l’è bella, l’è bella
basta avere l’ombrella, l’ombrella
ti ripara la testa,
sembra un giorno di festa”….Cochi e Renato

Ormai è cosa nota che le mie radici siano nella radio, nella conduzione radiofonica, tra musica e parole e nel tempo ho sempre ribadito questo concetto, questo legame ‘atavico’, come scrivevo già ai tempi di uno dei primi social network, Myspace.com

“Se stessi dietro i numeri, direi che quest’ora ha qualcosa di speciale per me, le 7, mattina o sera che sia. In effetti a pensarci bene il mio numero è proprio il 7, ci sto pensando proprio in questo momento. A volte, come adesso, desidero il silenzio assoluto o un filo di musica in sottofondo. D’altrone con il lavoro che faccio, quando mi chiudo la porta alle spalle è come se smettessi panni miei fino in parte, basta parole, chiacchiere, voci, frenesia,…basta! Poi mi accorgo anche che forse troppo poco si parla di questo mestiere meraviglioso che è quello di chi ‘fa radio’. In effetti con tutti gli impegni che mi ritrovo a gestire ultimamente, qualcuno potrebbe credere che ‘fare radio’ rientri in questi tasselli, invece è “Il Tassello”. ‘Fare radio’ è stato per me, innamorarmi, come potrei dimenticarlo, in quella lunga estate del ’75.

La radio per me è stata una terapia e l’ho scoperto nel momento in cui nella mia vita si andava spezzando un passaggio importante, di quelli che ti fanno rimettere tutto in discussione, di quelli, terribili nel passaggio, in cui vai alla ricerca di qualche risposta più specifica ed entri dentro te stessa, fino in fondo. Se dovessi dire di aver avuto un’infanzia o un’adolescenza o anche una giovinezza, sofferte, sarei davvero ingenerosa verso tutto ciò che ho avuto. Nonostante questo qualcosa che io cercavo disperatamente, mancava all’appello….la voce, quella che permette di esternare gli stati d’animo, quella che sinonimo di coraggio. Mi era stato dato tanto nel corso degli anni, ma non quella capacità, non quella forza. Una vergogna nascosta mi impediva di piangere in pubblico, di confessare i dolori dell’età che al contrario riversavo in pagine e pagine e pagine di diari che possiedo ancora oggi. C’è una vita lì dentro, tutto di tutto. Nomi e ricordi tutti mischiati dalla solitudine in cui vivevamo, dovuta alla professione di mio padre che ogni tre/quattro anni era soggetto a trasferimenti. Solo oggi mi rendo conto del lavoro enorme che sono stata costretta a ‘sfangare’ cambiando ambiente e compagni di scuola, amici, con la velocità della luce, da una parte all’altra d’Italia, ricominciare sempre da capo. Ero sempre l’ultima arrivata, aggregata, inserita (forse). e LA RADIO è stata il megafono di tutto questo marasma che facevo..tacere, crescendo.

La radio mi ha permesso di essere finalmente me stessa, davvero, in perfetta contrapposizione con ciò che invece andavo ‘portandomi’ a spasso fuori, nella vita. Quella alla radio ero io, anche nei giochi femminili che quel mezzo di comunicazione mi permetteva. E’ stato il mio palcoscenico dove andavo rappresentandomi..Che fortuna che ho avuto! Incontrare la radio ai suoi primi vagiti, quando ancora si era radio libere, felici di provare un’ebbrezza sconosciuta, uno strano potere di seduzione…che mi seduceva ogni giorno di più”