Quante volte da genitori è capitato di chiedersi che scuola fare per diventare genitori, se non bravissimi, almeno capaci… perché se l’istinto materno è quasi innato, diventare genitori è tutt’altra cosa. Non nasce dalla pancia, richiede senso di responsabilità, sacrificio, umiltà, attenzione, ascolto, saggezza, confronto, oltre che Amore anche quando proprio non ce ne sarebbe più per nessuno…….Uff che fatica! Proprio come una ricetta. Essere genitori, per come la vedo io, è riuscire a miscelare tutti gli elementi e in dosi equilibrate. Insomma quasi si fosse degli ‘equilibristi’.

Per lavoro ho conosciuto parecchie persone (degli esperti), ma anche tantissimi genitori. E per riuscire a districare un po’ meglio questo ginepraio ho interpellato Roberta Mariotti, psicologa e psicoterapeuta che da tempo organizza seminari e incontri dedicati al lungo e interminabile viaggio nel rapporto genitori figli. Tra le altre sue specifiche è specializzata anche in psicoterapia breve strategica presso il Centro di Terapia Strategica di Arezzo fondata e diretta da Giorgio Nardone che ho avuto il piacere di intervistare molti anni fa e che mi fece omaggio di un libro, tuttora sul mio comodino “Cavalcare la propria tigre”.

Rimini, 24/07/09: roberta mariotti ©Riccardo Gallini_GRPhoto

Rimini, 24/07/09: roberta mariotti
©Riccardo Gallini_GRPhoto

Roberta Mariotti, che conosco personalmente da parecchi anni, di recente ha invece firmato con Laura Pettenò il libro “Genitori in praticaManuale di primo soccorso psicologico per aiutare i propri figli nei problemi quotidiani” e le ho chiesto di rispondere a qualche domanda

Qual è il problema più evidente che i genitori esprimono nel loro confrontarsi coi propri figli?  “In qualche momento della crescita, preoccupazione, ansia e confusione possono prendere il sopravvento e togliere lucidità ai genitori, che, disorientati da stimoli, interni o esterni, faticano a riprendere la rotta per agire efficacemente”

La differenza delle problematiche genitori figli tra quelli di oggi e quelli di appena una decina di anni fa?    “Rimproverare il figlio mentre si è impegnati a rispondere all’e-mail del collega; preparare la cena, sedersi e mangiare insieme alla famiglia, rimanendo però con la testa altrove, perché presi in una conversazione su WhatsApp: tutto questo è ciò che spesso accade oggi, nella nostra quotidianità. Ci illudiamo di avere il controllo su tutto, ma ciò che otteniamo è solo e soltanto una sorta di “disconnessione” dal “qui e ora” Oggi siamo più distratti, perdiamo facilmente l’attenzione o la concentrazione e, quando siamo con i nostri figli, talvolta è difficile osservarli o ascoltarli senza pensare ad altro, senza giudicarci o giudicarli.   Siamo troppo preoccupati e stressati dalla ricerca di risultati e ci sfugge di vista come poter migliorare il nostro essere genitori e la performance dei nostri figli.  Siamo facilitati nell’accesso alle informazioni rispetto al passato, talvolta però siamo troppo o mal informati, perché distinguere le fonti autorevoli dai sedicenti promotori di ricette per il benessere e il successo richiede tempo e senso critico. Può anche capitare di sentirsi troppo coinvolti nelle difficoltà che i figli manifestano, sentirsi in colpa o responsabili per ogni problema dei figli, oppure spostiamo la responsabilità altrove attribuendola ad altri, alla scuola, al mondo. Così facendo perdiamo di vista come aiutare concretamente i nostri figli a rafforzare le loro abilità e  l’autonomia.    Altro fenomeno, più diffuso oggi rispetto al passato, è la presenza di famiglie allargate e ricostruite, che richiedono ai genitori nuovi adattamenti per stabilire una convivenza serena con figli propri e acquisiti.

Quanto sono pronti a chiedere aiuto i genitori? Perché serve una gran dose di umiltà…    “Solitamente i genitori chiedono aiuto al pediatra, poi, se ben indirizzati, consultano uno specialista quando hanno gravi problemi e sentono di non riuscire da soli a trovare la soluzione. Oggi non è rara la necessità di confrontarsi, consapevoli di non sapere tutto su ogni cosa (in questo senso forse umili?). E’ più facile se si sa a chi rivolgersi e come potrebbe aiutarci. Nel nostro paese c’è ancora molta confusione sul ruolo dello psicologo, dello psicoterapeuta e sui metodi di indagine e cura. Alcuni genitori immaginano trattamenti lunghi, dolorosi, che riportino in luce colpe del passato o traumi subiti. In Italia non tutti conoscono il ruolo dello psicologo dello sport, dello psicologo specializzato in disturbi dell’apprendimento, del comportamento o della regolazione emotiva. E ciò che non si conosce di solito spaventa.      A volte dagli sguardi preoccupati di alcuni genitori mi accorgo che ancora oggi, nonostante le scoperte delle neuroscienze, esistono informazioni piuttosto confuse sulla psicologia. Così alcuni hanno timore a rivolgersi a uno psicologo o aspettano troppo, perché temono di essere considerati “malati di mente” e non invece persone che hanno la necessità di affrontare concretamente un problema e prevenire magari situazioni peggiori, o utilizzare meglio la mente, le emozioni, affrontare situazioni di affaticamento, perturbamenti emotivi e avere strumenti operativi su come intervenire in famiglia, a scuola o nel lavoro.  Per la mia esperienza ho notato che la difficoltà a chiedere aiuto spesso dipende da esperienze negative con specialisti critici o inefficaci, da cattiva informazione, da scarsa conoscenza degli attuali metodi efficaci ad aiutare bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento, comportamento, regolazione emotiva o relazione”

Come iniziare ad essere genitori consapevoli?   “Spesso il genitore è consapevole della sua area di responsabilità, ma potrebbe essere ipercritico, intransigente, incapace di vedere le possibili soluzioni quando il figlio è in difficoltà. Aiutarlo a osservare i problemi in modo concreto e realista, nella prospettiva del genitore e in quella del figlio, lo aiuta a individuare eccezioni positive e possibili soluzioni.  Introducendo la benevolenza (anziché il giudizio e l’ansia da prestazione) nel guardare se stessi, i propri compagni e i propri figli, ci si concede la possibilità di miglioramento. Si può sempre cambiare partendo dalla consapevolezza delle nostre risorse, oltre che dei nostri limiti”

Famiglie-allargate

Quali errori da non fare?  “Ripetere rigidamente tutto ciò che non porta alcun miglioramento. Sostituirsi ai figli e proteggerli troppo.  Perdere tempo a cercare colpe, senza assumersi la responsabilità nella propria area di controllo. Incolparsi di ogni difficoltà dei figli e ritenere erroneamente che i figli di un “bravo” genitore non debbano mai avere problemi. Lasciare i bambini abbandonati a loro stessi, senza punti di riferimento chiari e sicuri. Non occuparsi dello sviluppo della competenza emotiva, che cresce in base alle esperienze e non all’età.  Spiegare ai bambini, anziché cercare di influenzarli positivamente attraverso esperienze guidate. Pretendere risultati, anziché fornire strumenti per raggiungerli.  Arrabbiarsi se i figli non rispecchiano il nostro ideale.

Cosa invece fare assolutamente?   “Osservare meglio ogni difficoltà, cercando di rimanere aderenti ai fatti (dove, quando, come, quali eccezioni positive al problema), per comprendere se dobbiamo intervenire, e come, nella ricerca di una possibile soluzione.  Per aiutare i figli a crescere sicuri di sé e diventare degli adulti equilibrati, che sappiano comprendere e orientare le proprie emozioni, senza distruggersi, distruggere i genitori o altri, occorre la conoscenza delle nostre emozioni, del loro funzionamento e delle possibili reazioni che possiamo imparare sempre a orientare per ottenere effetti migliori”

Genitori si nasce o si diventa?  “Si diventa e si cresce sempre procedendo per prove ed errori, correggendo azioni non funzionali con altre che funzionano (esattamente come nella ricerca scientifica)”

genitori e figli 2

Secondo te è possibile che i genitori non capiscano quando i propri figli ‘non stanno bene’?  “E’ possibile che alcuni genitori siano distratti o che i figli siano abili a nascondere malesseri o problemi. Ricordiamo però che esistono anche realtà non problematiche e difficoltà superabili; quindi stiamo attenti anche a non ingigantire ciò che può risolversi spontaneamente e a creare problemi per un eccesso di informazioni o di senso di allerta. Come esistono disagi a cui è bene dare prontamente attenzione, così è bene riconoscere le situazioni che bambini e ragazzi possono risolvere da soli, per non indebolirli e aiutarli a fare esperienza di come rafforzare le loro capacità e sentirsi così più forti e sicuri. Se il genitore protegge e interviene sempre, i figli si indeboliscono, perché non provano neppure ad affrontare la difficoltà con progressiva autonomia”

Quali sono i punti fondamentali su cui si basa il vostro libro?  “Il nostro approccio è concreto: nasce da una ricerca-intervento, condotta su oltre 100 situazioni di difficoltà, presentateci da genitori e insegnanti, su cui Laura Pettenò ed io abbiamo applicato il metodo del problem solving strategico e costruito – insieme ai genitori – la soluzione più idonea al problema descritto, tenendo conto dell’originalità di ogni bambino, famiglia e ambiente. Avere un approccio non spontaneistico – ma focale e strategico – aiuta i genitori, ove ciò sia possibile, a sentirsi coinvolti nella ricerca di soluzioni, come artefici di possibili e concreti cambiamenti, favorenti la crescita dei figli e il recupero di lucidità in momenti critici o turbolenti. Il focus dell’intervento descritto è sulla soluzione, possibilmente in tempi rapidi. Per questo partiamo dal coinvolgere i genitori in un’osservazione descrittiva del fenomeno per arrivare a una diagnosi-intervento: come nella ricerca scientifica, scopriamo come funziona un problema cominciando a intervenire e lo facciamo nell’ambiente naturale (come per esempio, la famiglia o la scuola, o un campo di calcio). Il metodo è operativo, concreto, in un certo senso ecologico: utilizziamo ciò che le persone hanno o portano con sé (paure, rabbia, madri ansiose, mariti indaffarati, nonni stremati, donne aggressive, padri emarginati, figli iperattivi, apatici, insicuri, prepotenti) e le guidiamo a orientarsi verso il cambiamento desiderato, definendo obiettivi piccoli, possibili e concreti.
Le storie raccolte nel libro, ispirate a situazioni reali affrontate, sono raggruppate in quattro aree che rispecchiano problemi legati alle emozioni di base di bambini e adolescenti: paura, rabbia, dolore e piacere”

Infine cosa ti senti di dire ai genitori?   Siate voi stessi e, con benevolenza, evitate di irrigidirvi in posizioni non funzionali. Se necessario, fatevi aiutare a mettere a fuoco problema e soluzioni, per recuperare lucidità e trovare strumenti utili a suscitare cambiamenti positivi in voi e nei vostri figli.  Come viviamo momenti sereni in cui navighiamo con i nostri figli in acque calme, così possono nascere situazioni in cui come genitori dobbiamo tenere la rotta o cambiarla, come farebbe il capitano di una barca trovando il mare in tempesta e venti avversi. Noi genitori non abbiamo il controllo assoluto sugli eventi, ma possiamo sviluppare le nostre capacità e costruire la nostra bussola, per allenarci ad affrontare anche le avversità, piuttosto che sperare di avere sempre condizioni favorevoli.

Ma i figli in tutto questo come sono? Come li trovate? Oggi spesso distratti o disconnessi, talvolta disorientati ed emotivamente instabili. Sono mediamente più abili e veloci nell’utilizzare strumenti tecnologici, nel mettersi in connessione agli altri, tramite la rete, talvolta meno capaci nelle relazioni dirette, nell’accettare frustrazioni e nel regolare le proprie reazioni emotive, se non allenati da genitori, insegnanti o altre figure di riferimento”

genitori e figli