Una nuova sfida per Manuela Ventura, un altro ruolo per questa attrice fortemente versatile. A dimostrazione di quanto detto, basta scorrere la sua storia professionale, composta da esperienze teatrali e cinematografiche che attraversano tanti registri, da quelli più drammatici come nel ruolo di Tina Chinnici a fianco di Sergio Castellitto nel film TV “Rocco Chinnici, è così lieve il tuo bacio sulla fronte”, ma ancora “Il figlio della luna” con Lunetta Savino, “Il capo dei capi”, “Squadra antimafia”“Montalbano”, per passare attraverso altri film come “Quo vado”  con Checco Zalone e “La vita è una cosa meravigliosa” di Carlo Vanzina, giusto per citarne alcuni, ma proprio all’attrice desidero chiedere quanto sia appagante, ma anche faticoso, riuscire ad essere tante personalità in altrettante storie articolate

Questo è un lavoro che deve , il più possibile, emozionare e insieme sorprendere. Vale per chi lo fa e per chi lo guarda. Per l’attrice e per la spettatrice. Siamo sempre alla ricerca noi attori, provare a conoscere le varietà possibili  dei comportamenti umani e la profondità dei sentimenti, le implicazioni delle relazioni. Il bello di questo lavoro è cambiare , trasformarsi. Questo lo rende un mestiere sempre vivo, che si nutre. Giocare al travestimento è una pratica che tutte e tutti abbiamo sperimentato da piccoli, lì sta una parte di quella che poi diventa una professione che è prima di tutto una dinamica di creazione . È bello dunque alternare ruoli, diversificare l’aspetto fisico, la proposta. Affrontare personaggi anche molto distanti tra loro cercando di essere sempre credibile”

Nel 2014 partecipa al film drammatico “Anime Nere”, pellicola che, l’anno seguente, ha vinto il David di Donatello. Un’altra storia intensa, dai toni aspri. Ma quali ruoli sono a lei più congeniali, oppure quelli ‘più suoi’, diciamo così

Per ciò che dicevo prima, non riesco a definire quali siano le mie “corde”. Mi interessa la storia dentro la quale il personaggio agisce,  creare sfumature di un ruolo che si adatta al mio corpo ,al mio modo di essere ma che lo trasforma, mi piace ascoltare le indicazioni di regia, lavorare con le parole da dire , come dirle, stimolare l’ispirazione. E’ bello fare ruoli comici, altrettanto lo è fare quelli drammatici. L’esperienza di Anime Nere rimarrà tra le più forti per me, grazie a Francesco Munzi, il regista, che mi ha scelto per essere parte di questo film potente e intenso”

Già due anni prima, nel 2013 ha ricevuto il Premio Ciak Sicilia per “Questo nostro amore”. Che esperienza è stata?

Grande soddisfazione ed emozione. Veramente felice perchè per il ruolo di Teresa Strano mi è arrivato questo riconoscimento, mi ricordo la gioia di comunicarlo a Luca Ribuoli, amico caro e  regista della prima e seconda stagione. Poi la bellezza di quell’evento organizzato da una bravissima giornalista, Agata Patrizia Saccone, in un contesto unico, suggestivo come il teatro greco di Taormina, davvero un dono”

Tornando alla sua versatilità, un altro esempio sono le sue recenti interpretazioni nei film attualmente su Netflix, in “Sulla stessa onda” di M. Camaiti e in “Generazione 56k” di Francesco Ebbasta e A. M. Federici. Due sceneggiature decisamente diverse. Quali corde ha toccato in entrambe le pellicole?

Di queste due esperienze devo proprio sottolineare la sintonia nell’incontro con i registi. Massimiliano, alla sua opera prima con questo film,  ha una grande sensibilità. Ha guardato quei luoghi con un occhio lieve. I paesaggi sono entrati nella storia. E poi i sentimenti e la freschezza dei protagonisti e della loro storia d’amore. Il lavoro su Zia Tuccia , il personaggio che interpreto, è stato davvero bellissimo, il regista mi ha indirizzato con grande attenzione e in generale ha raccontato una storia dolorosa con dolcezza e molte sfumature. In Generazione 56 K, la sorpresa di interpretare un ruolo con provenienza napoletana, ci seguiva una coach molto brava, Daniela Tosco.  Una storia originale e poetica secondo me. Francesco e Alessio, i registi,  hanno lavorato con energia, hanno guidato un cast di grande talento, tra bambini, adolescenti  e adulti, creando una storia avvincente che continua ad essere molto apprezzata anche all’estero. Una serie molto seguita dai giovani , posso confermare  il successo tra tutti gli amici dei miei figli!!”

E’ lei che cerca la diversità di storie e ruoli, oppure casualmente, ammesso e non concesso che esista la casualità, le capitano appunto così.. per caso?

A questa domanda rispondo sottolineando l’importanza che hanno i casting director che , affiancando i registi, si occupano della selezione del cast. La fase di preparazione è fondamentale, la scelta degli interpreti altrettanto. Il lavoro che viene fatto durante i casting attraverso i provini permette  a noi attori di prepararci su nuovi personaggi e di fare a nostra volta proposte diverse. Si scoprono delle cose interessanti già durante i provini, si aprono possibilità per le quali si spera di essere scelti perchè in qualche modo già ci si affeziona a quel personaggio, a quel progetto”

E tanto per gradire, mentre è in tournée teatrale con lo spettacolo “Baccanti”, sino a martedì 3 marzo entra nelle case degli italiani, ma non solo, nel ruolo di Favilla (un nome, un programma) nella fiction tv “Lea un nuovo giorno”. Dall’8 febbraio per quattro martedì di seguito. Intanto ci sono due elementi importanti, ritorna a lavorare sia accanto ad Anna Valle, la protagonista, che ad Isabella Leoni, la regista. Che effetto/piacere le produce?

Con  Anna ci siamo conosciute nel 2012 , all’inizio della lavorazione di Qna, prima stagione, poi con Isabella ci siamo incontrate sul set di Questo Nostro amore ’80. Si è ricostituito un gruppo di amiche e di compagne di lavoro.Le guardo e le ascolto sempre con grande interesse e affetto. Per me è stata dunque una  gioia perché sono due donne che stimo umanamente e professionalmente. Questo connubio è un valore aggiunto e prezioso

La fiction, ambientata in un ospedale di Ferrara, è, come si dice oggi, un medical drama, che sembra piacere tanto al pubblico. Secondo lei perché? Qual è la caratteristica di questa fiction, di questa storia? Cosa la regista ha inteso mettere in risalto?

Lea – Un altro giorno appartiene al genere medical però è prevalentemente un melò , un racconto sentimentale in cui le storie di corsia fanno da sfondo alle dinamiche emotive e sentimentali dei personaggi. E’ raccontata con semplicità la storia di Lea e tutte le storie che nascono intorno a questa protagonista , donna forte ed empatica che vuole ricostruire la propria vita. I confronti con altre serie tv sono naturali ma le differenza sono chiare, il pubblico si affeziona poi alla storia che più lo coinvolge. In questo caso c’è anche la peculiarità di un ospedale pediatrico, le vicissitudini più delicate dei piccoli pazienti che creano una forte partecipazione e tenerezza. Raccontiamo inoltre la vita di un gruppo di infermiere . Questo è stato un modo , anche per le intenzioni della regista, Isabella Leoni, di omaggiare coloro che hanno affrontato in prima linea i momenti più difficili nella fase di emergenza sanitaria , senza risparmiarsi.

Prima che me ne dimentichi, c’è differenza nell’essere diretti da un regista e da una regista? Sono diversi i metodi, gli approcci, la stessa fotografia o gli obbiettivi, secondo lei?

Le differenze riguardano le persone , al di la del sesso. Questo per la mia esperienza finora. Diversi tutti e tutte, perché ognuno ha un proprio sguardo , un proprio sentire. Con alcuni nasce anche un’amicizia con altri si crea una complicità sul set, con alcuni ci si sta più simpatici, con altri meno. La sensibilità e la tecnica sono personali più che di genere”

Parliamo ora del suo personaggio, Favilla. Come dicevo, un nome che potrebbe essere.. un programma. E’ rappresentativo del carattere del personaggio che interpreta?

Favilla , frammento minutissimo di materia incandescente. Si, decisamente il nome è già rappresentativo del carattere di questo personaggio. Fa scintille, ha un atteggiamento brusco che “sfrega” in varie occasioni , soprattutto all’inizio nei confronti di Lea e di altre colleghe. Puntigliosa e un po’ impicciona, Favilla si distacca a volte, ma avremo modo di scoprirne l’ironia e il divertimento così come il suo lato più tenero e fragile”

Come ha deciso insieme alla regista, di interpretare Favilla, infermiera nel reparto pediatrico dell’ospedale e che, insieme al gruppo di colleghe da vita allo snodarsi della storia?

Con Isabella Leoni c’è un rapporto consolidato nel tempo, c’è un  grande ascolto che ci fa lavorare bene insieme. Non era semplice fare uscire fuori un personaggio così , la chiave che abbiamo cercato è stata quella della schiettezza,  anche in poche battute , un modo diretto che servisse un po’ a spiazzare. Tutto questo però con misura per non eccedere e rimanendo in sintonia con i toni delicati e leggeri con cui è raccontata la storia di Lea un nuovo giorno”

E’ una fiction molto femminile, è d’accordo con me?

E’ un racconto che ha come protagonista una donna , Lea Castelli, è anche un racconto  corale con una prevalenza  della sfera femminile. Donne che hanno diverse età e differenti situazioni personali, ognuna con sfumature che ne definiscono il carattere , la personalità. Tutte credono nel lavoro che fanno e lo svolgono con grande dedizione. E’ sottolineata anche la capacità di questo gruppo di sapere fare  squadra, di empatizzare, di essere risolutive. Poi , come tutte le persone, uomini o donne che siano, amano e gioiscono, attraversano momenti dolorosi e poi si rialzano, sanno essere amiche”

Pensa che il mondo del cinema e della tv (meno certamente quello del teatro) stia cambiando e si stia aprendo maggiormente alle donne lasciandole più libere sia di esprimersi che di scegliere i propri ruoli?

Si certo , c’è una sensibilità diversa, c’è un’attenzione maggiore e una declinazione delle storie più al femminile. Questo permette anche di avere più occasioni di discussione, di confronto. Aumenta le possibilità lavorative, le donne posso e devono essere protagoniste dei racconti, questo arricchisce la visione per gli spettatori, aiuta il percorso di rigenerazione culturale  e contribuisce a “pareggiare” i conti.  Serve ancora impegno e sensibilizzazione, ancora i passi da compiere sono tanti, ma i cambiamenti si vedono”