Solo qualche giorno fa avevo scritto “Scrivetemi e raccontatevi”, uno spazio che regalo alle vostre emozioni, brevi o lunghe che siano, di viaggi fuori o dentro voi stessi, vicini o lontani, fissi o mobili, questo è il nostro luogo, un Agorà dove scoprire inaspettatamente di voler essere. E Alessandra Turco, scrittrice e curiosa viaggiatrice (secondo me con una carriera da attrice da scoprire),  ha deciso con mio enorme piacere, di raccontarci un suo recente viaggio nato per motivi professionali (per la Etimos, consorzio  di microfinanza con sede a Padova ma attivo  in  tutto  il  mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo e nelle  aree  di conflitto e crisi economica) è partita per l’Honduras, il San Salvador e il Nicaragua e questo è il suo diario di viaggio:

Ale 1I viaggi: i viaggi sono come una scatola di cioccolatini, ogni cioccolatino un piacere. Ogni viaggio, ogni paese ti regala qualcosa, ti insegna una lingua, ti consegna la sua storia. Un viaggio in quel viaggio difficile, a volte spietato, appassionante, meraviglioso che è la vita considero questo mio ultimo dal quale sono appena tornata. Tre Paesi, tre realtà simili ma diverse nelle loro mille sfumature che si colgono nei colori, tra la gente, nelle strade, quelle strade che in moltissime zone non hanno asfalto e sono come nei film, pieni di polvere e di alberi. ALE FullSizeRender

Honduras, San Salvador e Nicaragua, tutti insieme in unico viaggio? Così ho risposto quando il Presidente di Etimos, network che si occupa di inclusione finanziaria e microcredito in Italia e in molti Paesi in via di sviluppo, mi ha proposto il viaggio, spiegandomi che l’obiettivo sarebbe stato quello di raccogliere storie, immagini di beneficiari che grazie alle cooperative, alle fondazioni, alle associazioni che Etimos sostiene o finanzia in questi tre Paesi, possono vivere e creare una loro attività, insomma le storie di quegli uomini e quelle donne che sono esclusi dai circuiti tradizionali del credito e hanno trovato il loro riscatto grazie all’inclusione finanziaria. E così sono partita. ALE NUVOLE

È sera quando arrivo, dopo parecchie ore di volo, a San Pedro Sula, l’impatto con il caldo afoso è soffocante. E siamo in inverno. Mi accoglie una città non molto caotica, contrariamente alle nostre di città fatte di luci, di macchine, di tacchi a spillo e locali pieni di giovani, mi ritrovo in grandi strade vuote. Fa buio presto in Honduras. Dalla finestra del mio albergo vedo una grande montagna e luci molto lontane, scendo nella halle dell’albergo, un patio pieno di fiori e divani tipici del posto, osservo incuriosita ragazze molto belle, avvolte in abiti bianchi pieni di brillantini, tulle e pizzo. Sono le damigelle della sposa, l’indomani, domenica ci sarà il matrimonio. Tutto è pronto, sono agitatissime, una di loro mi spiega che qui la tradizione del matrimonio è ancora molto forte, anche la tradizione dell’abito, della location, tutto deve essere curato. E la sposa avrà solo dodici metri di velo con pizzo rigorosamente bianco con annessa coroncina. Ascolto, guardo le stoffe, le acconciature…e mi sembra di stare sul finire degli anni ottanta.

ALE San Pedro

ALE oto nera

La notte scende umida su San Pedro Sula. L’ alba non tarda ad arrivare. La città si presenta in una domenica di agosto poco trafficata ma in movimento. Frutta in ogni angolo, bimbi per strada e macchine affollate. Il verde delle piantagioni di caffè e le canne da zucchero mi accompagnano fino a Copán un meraviglioso sito archeologico dove tutto è Maya, sulle sponde dell’omonimo fiume, non lontano dal confine con il Guatemala. In mezzo ad una distesa di alberi e piante, con lunghe strade sterrate popolate da gente che su quei cigli di strada ci abita, case di lamiera con porte in legno, quando ci sono, organizzate tra un albero e l’altro al riparo dal sole che qui batte fortissimo. Tra le pieghe di questi panorami, in mezzo ai bambini che urlanti e spensierati, senza tablet o cellulare giocano per strada, tra i colori nelle ceste piene di panni, che qui le donne portano ancora sulla testa, tra i banchetti di frutta per strada, il tempo ha un’altra velocità, o meglio è privo di velocità, anche se poi alla fine ti rendi conto che è già ora di ripartire, di varcare il confine e di ritrovarti una sera d’agosto con i capelli bagnati dal sudore, in San Salvador. ALE IMG_0257 DONNA

E in quel viaggio che percorri dall’aeroporto a San Miguel, pensi che solo nel 1992, dopo ventidue anni di paura, morte, guerra, il Paese ha firmato un accordo di pace, questa è tra le democrazie più giovani. I pensieri corrono veloci verso i rivoluzionari, gli squadroni della morte, le torture. E gli sguardi di quei ragazzi armati fuori dagli edifici, davanti agli alberghi, agli angoli più bui non sono per niente rassicuranti. Cade la notte carica di umidità su San Miguel. E’ una città molto caotica, alle nove le temperature sono già intorno ai 38 gradi con un tasso di umidità intorno al 70%. I mercati sono allestiti e i venditori per strada già operativi, in ogni angolo le donne preparano la pupusa, il piatto tipico salvadoregno, fatto con impasto a base di farina di mais farcito poi con fagioli rossi e formaggio del luogo, piatto consumato proprio in questa stagione invernale. Per le donne qui le principali attività, sono l’allevamento di animali e la preparazione del cibo da vendere per strada, loro hanno ancora poco accesso all’istruzione e hanno in media quattro o cinque figli, da accudire e in molti casi anche da sole.                                                                             All’improvviso il mare… 

MARE

Percorrendo 35 km dalla città verso Oriente direzione Costa Rica, playa El Cuco mi viene incontro. Affacciato sull’Oceano Pacifico, è un paesino tipico di mare, la gente seduta fuori, le spiagge deserte, i gabbiani, le panchine vuote e lo stupore di chi sorridendo si offre per una foto cercando di vendere un cocco o un qualsiasi altro frutto esotico. Il rientro in città però diventa complicato. La pioggia incessante, ci crea qualche problema, le strade sono interrotte, fiumi di fango, nuvole nere annunciano una serata carica di brutto tempo. Il vento soffia fortissimo, San Miguel sembra voler volare via, per strada non c’è quasi nessuno, aspetto impaziente l’alba che mi porterà in Nicaragua. Anche qui temperature altissime, strade affollate e frutta esotica. Ma qui colpisce quel lago che sembra uno specchio disteso sotto Managua, la capitale che a sua volta ha ai suoi piedi il vulcano Momotombo, sembra un mondo stregato il Nicaragua. A destra e a sinistra il mio sguardo circondato da natura incontaminata. ALE download (47)

Mi riporta alla realtà però, la confusione del mercato, il più grande del Centro America dove è possibile acquistare qualsiasi cosa e dove ogni giorno si incrociano gli sguardi, i volti, le voci di più di diecimila persone.

ALE Mercato

Ma il Nigaragua mi regala molto di più, sulla sponda occidentale del lago Nicaragua, a nord della costa dell’Oceano Pacifico, c’è un trionfo di bellezza, di architettura in coloniale che mi accoglie in una domenica di pioggia. E’ La Grande Sultana. L’atmosfera però con i caffè aperti e pieni di gente, i giardini all’interno dei ristoranti non lasciano spazio alla pioggia, Granada è come sempre magica. E’ un’altra vita, è un altro stile. Qui si respira un po’ di Europa, qui la dominazione spagnola si percepisce in tutto, mi riporta però in Nicaragua la gente con i carretti pieni di platano e i ragazzini che al mercato si offrono per portarti le buste dei tuoi acquisti fino alla macchina, per pochi spiccioli. ALE download (41) GRANADA

Dalla città coloniale a Catarina, salendo su per questa città il lago mi accoglie mentre il Vulcano in continua eruzione mi aspetta sulla strada di ritorno verso Managua…ALE download (16) VULCANO

La strada è quella del ritorno, dopo dodici giorni, mentre questo aereo mi riporta a casa, i miei pensieri sono per la gente che ho conosciuto e intervistato, per le loro storie, per le donne, per i bambini, per i carretti pieni di frutta, i rumori, la dolcezza del loro spagnolo, l’intensità dei panorami ammirati, i cibi assaggiati. Mentre la città diventa sempre più piccola e si allontana sempre di più perdendosi tra le nuvole, su una agenda di pelle comprata al mercato di Masaya inizio a scrivere: sono felice, sono felice perché anche questo viaggio mi ha dato, proprio come una scatola di cioccolatini, tanti piaceri. E sono felice perché… perché il viaggio è così, è qualcosa che ti porti dentro per sempre…che ti regala un terzo occhio con il quale guardi molto di più senza mai stancarti…ecco, un terzo occhio, da quasi due anni il lavoro in Etimos mi ha regalato questo: un nuovo modo di sentire e vedere le cose, un nuovo modo di raccontarle, valorizzando le povertà altrui”

ALE ALBERO