La vita è come il caffè: puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce devi girare il cucchiaino.A stare fermi non succede niente.
(Anonimo)

E’ sempre gratificante, o almeno lo è in una misura adeguata per la nostra autostima, scoprire che un tuo pensiero, considerazione, congettura, riflessione, sia esattamente condivisa (e di solito, modestia non a parte, sempre molto dopo di me) da persone che comunque ritieni degne di attenzione, una firma giornalistica che rispetti particolarmente, una testata giornalistica, un pensatore/uomo di mondo/…insomma chiunque si possa apprezzare parecchio. E proprio un paio di giorni fa sfogliando La Repubblica incappo in quello che è il mio esatto pensiero: “E’ italiano il record di distributori automatici. Così abbiamo portato in ufficio i riti del bar e della moka”.

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La sit-com Camera Cafè ci ha d’altronde da tempo sdoganato il momento topico in cui, soprattutto sul lavoro, ma anche nei grandi store tra una spesa e l’altra, desideriamo fermarci per un caffè, ma. in particolare per ciò che questa breve pausa rappresenta.

Io personalmente non sono una gran bevitrice di caffè, a meno che non sia quello della macchinetta a casa mia o quello d’orzo. Però ho sempre amato il profumo del caffè tanto è vero che molti anni fa preparavo la moka solo per avere la casa invasa dal suo aroma. Che piacere…quel gorgoglio inconfondibile, di quella traccia di fumo che esce dal beccuccio della moka che apri e mmmmm….ti senti in una sorta di attimo benefico, in una bolla di beatitudine…

E’ per lo stesso motivo che sulla mia scrivania, in un angolo protetto, c’è sempre un bicchierino di caffè, quello che prendo alla nostra macchinetta davanti alla quale mi fermo in effetti pochi minuti, il tempo dell’erogazione della bevanda, poi ritiro la chiavetta, il bicchierino e risalgo le scale sino alla mia postazione. In effetti sono piccolissimi sorsi quelli che bevo, come si dice? Ci bagno giusto il becco (ahaha..non male per una gallinainfuga!) tutto il resto resto….è il piacere di un attimo.

distributore 1

Ed  ecco che la collega Cristina Nadotti ne ha scritto un approfondimento “Un italiano su due prende il caffè alla macchinetta” annota la Nadotti, mentre lo psicologo dei consumi da lei interpellato specifica che “la macchinetta del caffè è la prosecuzione del rito al bar che è il luogo privilegiato per la bevanda più amata dagli italiani e per le interazioni sociali al rito, inserite (come si stava dicendo) nel processo per cui, prendere il caffè, non è semplicemente consumare una bevanda calda o energetica, ma stabilire o rinsaldare rapporti”.

Adoro quei due minuti davanti al distributore automatico del caffè, sono attimi.. miei..parafrasando Raz Degan (emoticons dove siete?)….Penso, parlo tra me e me, scambio due battute, mi siedo sul divanetto giallo, i fogli e la penna sempre con me, guardo (azione più superficiale dell’osservare) annuso il profumo e col bicchierino colmo e caldo in mano torno alla base. Fino al giorno dopo sto bene…

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“Le macchinette del caffè sono diventate sempre più tecnologiche – spiega lo psicologo Codeluppi – ma non hanno perso la funzione di gratificare e consolare, proprio come il caffè al bar” rimanendo il punto in cui si evade per una pausa rapida, ma indispensabile.

Per concludere però una precisazione tutta personale…va bene il caffè della macchinetta in orari di lavoro, ma il Cappuccino al Bar…non toccatemelo! Se davanti ai distributori automatici godo di un attimo di leggerezza, il cappuccino al bar è il mio giro del mondo in 10 minuti!

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