Le donne in gravidanza e le neo mamme possono soffrire particolarmente gli effetti psicologici della pandemia Covid-19, vero e proprio “fattore di rischio” per la depressione legata al parto. E’ quindi “cruciale supportare le donne a rischio di ansia e depressione” così da garantire “un trattamento efficace anche in caso di distanziamento sociale”. A spiegarlo sono le “Indicazioni di un programma di intervento per la gestione dell’ansia e della depressione perinatale nell’emergenza e post-emergenza Covid19”, pubblicate dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). Per effetto del lockdown, inoltre, “è venuta a mancare la presenza fisica di parenti e amici che costituisce un fattore protettivo per il rischio di suicidi”. Infine, a causa delle politiche di contenimento dei contagi, l’accesso ai servizi dedicati alla salute mentale “è stato limitato alle sole urgenze, rendendo così difficile accogliere le richieste della popolazione”. Gli step sono monitorare i fattori di rischio e fare uno screening precoce delle persone a rischio, attuare interventi individuali o di gruppo, anche a distanza tramite piattaforme di comunicazione on line e App dedicate”

E’ dopo aver letto questa nota uscita in Ansa un paio di settimane fa, che mi sono immediatamente attivata per riuscire ad approfondire al meglio questo tema tanto delicato, come quello della maternità al tempo del Coronavirus, in una situazione di squilibrio, perciò, totale. Di assenze e divieti, di lontananze imposte e visite rarefatte, di timore di contagiare ed essere contagiati, …

A rispondere a questa mia richiesta la psicologa emiliana Anna Pace

L’ Italia nel 2020, si è ritrovata a combattere un virus sconosciuto, che ha sovvertito le nostre abitudini, la nostra quotidianità, le nostre certezze, e acuito ansie e paure scatenate dalla reale convivenza più con il senso della morte che con quello della vita.

In questi mesi del 2020, diventare madre, essere stata o ancora essere in procinto di diventarlo, si è dimostrato maggiormente traumatico.

Certo, l’Istituto Superiore della Sanita’ e il Ministero della Salute hanno dato informazioni precise alle neo-mamme in attesa, su come comportarsi per evitare di essere cintagiate dal COVI-19 ma, non vi è stata nessuna indagine su come queste madri hanno affrontato  e tuttora affrontano, dal punto di vista psicologico, l’ansia di poter essere veicolo di contagio nei riguardi del proprio piccolo che cresce nel loro grembo o che hanno partorito da poco.

A favorire il vero inferno psicologico per molte di loro, anche solo il bombardamento mediatico a cui siamo stati tutti sottoposti attraverso qualsiasi tipo di media, tv, radio, giornali.

Questo ha tolto quella gioia propria della maternità, l’attesa, la condivisione di questa, .. tutto appannato dal senso di ignoto, dalla

paura di non sapere come affrontare l’attesa di un figlio all’attesa di come sarà il domani, con quale nemico invisibile si stia facendo i conti. Un nemico di cui si discute tanto e purtroppo, spesso anche in maniera contraddittoria sulla reale portata della minaccia e della cura, ma non è su questo aspetto che vorrei soffermarmi, bensì sul ruolo dell’attaccamento madre-bambino.

Proviamo ad immaginare una donna in attesa di un bambino in una situazione ottimale, voluto e desiderato dalla coppia di futuri genitori. La gioia della notizia di un bambino in arrivo, la voglia di fare progetti, le proiezioni, il senso di protezione che immediatamente si prova nei confronti di questa creatura, i cambiamenti fisici accompagnati da quelli psicologici di un maggior desiderio di protezione verso una creatura che è parte di te ma non è ‘te’……la cameretta da arredare, i vestiti da comprare, il desiderio di avere la propria madre vicina o le amiche con cui condividere ansie e timori e anche le piccole gioie e, improvvisamente, tutto si interrompe, senza alcun preavviso.

Ci si ritrova chiusi in casa, aboliti a data da destinarsi, gli incontri con genitori e amiche, non è possibile andare per negozi ad acquistare ciò che servirà per il neonato, … Tutto sigillato, chiuso, cloused, per mesi. Inoltre se l’altro genitore ha avuto la fortuna di poter continuare il proprio lavoro, è anche vero che il suo rientro a casa è sempre stato carico di timori per la possibilità che potesse non solo diventare portatore del virus, essere contagiato, ma a sua volta contagiare la donna e quindi, forse anche direttamente il bambino in pancia.

Non sapere se poter abbracciare il proprio compagno o tenerlo a distanza, non sapere se la crisi economica scatenata dal virus, gli toglierà il lavoro e se lei stessa, la mamma in attesa o la neo mamma potrà riavere il suo lavoro, una volta finita l’emergenza sanitaria e dopo il periodo di ‘maternità’(di cui tra l’altro non tutte godono, ma questo è un altro grosso problema. n.d.r.). Insomma una gravidanza o un inizio di maternità avvolte nelle incertezze.

Senza poi considerare tanti altri dubbi che sono sorti in questi mesi nelle future mamme i cui accessi in ospedale sono stati rarefatti. Dove partorire? A casa? In ospedale? Dove in ospedale? Sarò sicura in ospedale? Chi mi accudirà? A chi consegnerò il bambino appena nato se non potrà esserci né il padre, né la nonna? Che visione avrà il bambino appena potrà aprire gli occhi? Quella di un essere ignoto, coperto da mascherine, occhiali, tute, visiere, guanti? Come sarà il primo contatto di pelle? Quando potrà vedere il sorriso? E anche del padre che immagine potrà avere bardato come un astronauta in una stanza asettica.

E allora mi chiedo come un bambino e le sue figure di riferimento abbiano attraversato tutto questo.

Quale attaccamento e che tipo di attaccamento?

Bowlby(John Bowlby, considerato un tra i più grandi psicoanalisti del ventesimo secolo n.d.r.) individua il comportamento di attaccamento, in quella forma di attaccamento che si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona; chiaramente diventa evidente ogni volta che la persona è spaventata, affaticata o malata e  si attenua quando si ricevono conforto e cure.  Compito biologico e psicosociale dell’attaccamento è quello di svolgere nei confronti del bambino il ruolo di  “ una base sicura” da cui si possa affacciare verso il mondo esterno.

L’aspetto cruciale dell’attaccamento nella specie umana è che, attraverso la relazione con la figura di attaccamento, il bambino interiorizza quelle strategie che mantengono, nel modo più adattivo possibile, il contatto con essa. L’attaccamento, secondo Bowly , ha un ruolo centrale nelle relazioni tra gli esseri umani, in maniera permanente e ha dimostrato come la personalità di un individuo si sviluppi in maniera armoniosa se può godere di una adeguato attaccamento alla figura materna o a chi la sostituisce.

Ritengo importante, oggi ancora di più, che le neo- madri debbano essere affiancate in questa fase di covid19 e post covid-19 da personale esperto, qualora ne sentissero la necessità, per ritrovare quell’equilibrio naturale col proprio bambino senza paure, restituendo loro così, una dimensione di cura amorevole senza allarmismi di sorta”

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