Adesso cerchiamo il tuo punto di forza”. Il  mio ‘punto di forza’? Perché ne avevo uno? Se sì, quale? In quel momento la mia vita sembrava l’espressione di uno stato vegetativo automatizzato, badge da strisciare la mattina, badge da strisciare la sera a dimostrazione di esserci stata, in quella giornata, in quella vita. Notte e giorno seguente, identico a quello precedente e a quello che sarebbe arrivato l’indomani.

Io ero arrivata lì, davanti a lei, a quella che sarebbe stata per svariato tempo, qualche anno, la mia psicologa di supporto dopo il mio crash esistenziale . Nel mio imbuto nero attraverso cui stavo guardandomi vivere, ero arrivata ad un bivio, “o mi getto da una finestra – mi ero detta con la testa tra le mani seduta sul water nel bagno di casa, il naso rosso e gli occhi gonfi di lacrime – o mi faccio aiutare”. E io, lucida, come sono sempre stata, mi sono data una seconda opportunità, quella di tornare a vedere, a vivere, a sentire, a parlare.

Che strano aver bussato alla sua porta, allo studio di Alessandra Maccaferri. Avevo intercettato la sua etichetta sulla porta, quel giorno in cui mi ero recata dal mio dermatologo per una mappatura dei nei. Lo studio della psicologa e psicoterapeuta Maccaferri era la porta a fianco e chissà per quale particolare motivo, in un tempo ‘non sospetto’ , mi ero appuntata nome, cognome e numero telefonico.

Adesso ero di fronte a lei, in quel piccolo studio così intimo con la mia richiesta “Voglio ritrovare la parola”. No, non avevo perso la possibilità di parlare in senso letterale del termine, ma avevo perso la capacità di esprimere i miei pensieri, le mie emozioni, i miei desideri o solamente non ero più capace di esprimere anche le mie contrarietà. Avevo paura.

Ero sposata da 17 anni, un matrimonio che sembrava essere nato per amore, ma che il tempo ha fatto emergere tutte le vere motivazioni che mi avevano portato a scegliere proprio quella persona.

La grande fragilità interiore, il senso di mancanza di radici, mi avevano portato tra le braccia di quel ragazzo che per primo mi teneva la mano passeggiando, che mi riempiva di baci, che mi ha fatto entrare nella sua grande e accogliente famiglia.

Un fraintendimento di fondo che mi è costato lunghi anni di sofferenze, delusioni, frustrazioni, infelicità. Una vita inconsapevole che si era spenta strada facendo.

Paura di parlare, paura di esprimere i miei punti vista, le mie considerazioni. E’ così che le parole mi morivano in gola, per paura di una rottura a cui non ero mai pronta.

Anno dopo anno anche la mia immagine era cambiata, avevo perso la luce, i colori, lo smalto, il mio protagonismo…tutto svanito

Nel frattempo è avvenuta la nascita di nostro figlio e la morte di mio padre, quasi in un passaggio di staffetta. Ma doveva passare ancora tanto tempo e parecchie sedute dalla mia psicologa per capire che sia l’uomo che avevo scelto come marito, sia io, eravamo ugualmente delle vittime, della giovane età, vittima lui della perdita del padre ad appena 11 anni, vittima io di continui traslochi e cambiamenti in un continuo dovermi obbligatoriamente ricreare con conseguente perdita di punti di riferimento.

Su tutto questo, io vittima di qualcosa di più grande di me, mai confessata. Un segreto che ha prima logorato poi distrutto irreparabilmente il matrimonio, ma anche tutti i rapporti precedenti. E lui vittima di questo enorme ‘non detto’ sotto cui è rimasto schiacciato.

Un segreto svelato per la prima volta proprio alla dottoressa Alessandra, un macigno che, seppur a fatica, finalmente ho raccontato a voce alta.

Ci sono esperienza nella vita che non si dimenticheranno mai, si proverà a conviverci, a nascondere sotto tutti i tappeti che si incontrano, ma alla prima crepa che si fa sull’asfalto che stai calpestando, la ferita è lì, ad attenderti, a sanguinare ancora, a bruciare. E tutto ricomincia.