Non vorrei ripetermi, ma dallo scorso 30 novembre, giorno del mio compleanno, in cui ho ringraziato i tanti contatti social che mi avevano arricchito la giornata con i loro auguri, mi sono ripromessa pubblicamente di dedicare spazio proprio a tanti di loro, ognuno custode di creatività, esperienze di vita, piccoli grandi universi da conoscere. Ed Eugenio Pattacini è uno di questi.

Eugenio è un appassionato di scrittura, diventandone, ormai lasciamelo dire Eugenio, un professionista.

Di stile più giallista che altro, ama però sperimentare e lo scoprirete attraverso questo nostro incontro in cui tanto si racconta.

“Mille Battute” è freschissimo di stampa, essendo uscito nel marzo scorso, edito da Barkov Edizioni. Tutte le immagini che troverete all’interno del libro sono state realizzate dal figlio Marco… Come si dice? Buon sangue non mente.. oppure.. il frutto non cade mai troppo lontano dall’albero. Qui a seguire intanto una presentazione da parte di Italo Garavaldi

Eugenio, partiamo dal presente e dalla tua ultima pubblicazione. Nel marzo scorso infatti è uscita una raccolta di racconti brevi…molto brevi intitolata “Mille battute”. Un esercizio di stile invidiabile per tutta la mia categoria, quella dei giornalisti a cui si chiede sempre più spesso di ridurre tutto all’osso, testa-cuore-coda, ecco questo è il nostro ritornello. Per cui capisco la difficoltà di scrivere nientemeno che racconti, nello spazio di mille battute. Raccontami come ti è nata questa .. ‘idea’ e come sei riuscito a svilupparla

In diversi hanno pensato che questo fosse un progetto folle, e in effetti un po’ lo è. Ciò nonostante, visto che ogni mio progetto si realizza sempre come lavoro di gruppo, stavolta ho allargato questa sorta di collaborazione, ricomprendendo anche i lettori. Io ho ridotto tutto all’essenziale, mentre a loro è chiesto di metterci il “forte impegno di scavare tra le righe per andare a intuire i sensi, le battute, i nessi, gli elementi che si nascondono tra le parole e dare un senso alla trama”. Insomma, serve una lettura approfondita. L’idea è nata da una serata a Marola, sulla collina reggiana, in un evento a tema “giallisti reggiani”, organizzato da Italo e Livio Garavaldi, scrittori che pubblicano con lo pseudonimo I.L. Federson, in cui parlammo genericamente di “minigialli”. Successivamente sono incappato nel concorso letterario “Pillole noir”, tuttora in corso, organizzato dalla associazione Neroma di Roma, in cui si partecipava con racconti appunto di mille battute: doveva essere un giallo con finale ironico. Ne inviai tre, ma a quel punto la scintilla era scoccata e scrissi anche gli altri 47”

Non solo non hai scritto una battuta di più, ma hai anche spaziando in vari generi.. perché questa scelta?

Sono fermamente convinto che il ruolo principale di un giallista sia quello di stupire il lettore. Allargarmi ad altri generi mi appassiona, peraltro sono convinto che il genere altro non sia che un semplice diverso stile per narrare le medesime cose. In più è stato bello cercare di dimostrare che i finali a sorpresa, che spiazzano il lettore proprio nelle ultime righe del racconto, non appartengano esclusivamente al mondo del giallo. In tal senso, Italo Garavaldi, il mio relatore alla presentazione del libro, ha rilevato come diversi racconti, indipendentemente dal genere, siano veri e propri esempi di Lateral thinking. Oltre a questo, dapprima ho scritto liberamente ciò che in quel momento mi andava di scrivere, poi ho realizzato che utilizzare generi diversi, mescolandoli addirittura tra loro, avrebbe consentito di disporre di una antologia più completa e di mantenere viva l’attenzione del lettore. In buona sintesi, una miglior fruibilità.  È stato poi compito di mio figlio Marco elaborare immagini fotografiche poste a sinistra del racconto per anticipare a colpo d’occhio il contenuto”

Ecco a proposito di ‘generi’ tu ti definisci un ‘giallista’ che però spesso razzola ‘altrove’- Qual è il tuo altrove preferito?

“Di certo il giallo ha la caratteristica di tenere alta l’attenzione del lettore ed è perciò un ottimo veicolo per trattare dei valori e temi più o meno profondi che voglio affrontare. Ogni volta che cambio genere cerco di conservare questa peculiarità. Difficile scegliere perché di volta in volta opto per ciò che sento in quel momento: senz’altro però mi affascina il genere introspettivo”

Prima di continuare, qual è la tua professione, visto che quella di scrittore è anche piuttosto recente?

“Domanda molto interessante. Perché? No, non sono né un agente segreto, né un eroe di nessuna saga, né il cantante di qualche importante gruppo. Niente di così spettacolare. Semplicemente ho 61 anni e lavoro in banca da quando ne avevo 18…ancora pochi mesi e sarò pensionato. Ma ho già tanti progetti”

Nonostante tu abbia iniziato la tua produzione nel 2012 con “In apparente normalità”, hai scritto davvero tanto. Ma partiamo da questo esordio. Un giallo! Un caso o ti sentivi trasportato da questo genere?

“Direi né l’uno né l’altro. All’epoca mi venne un desiderio forte di scrivere e iniziai col chiaro intento di narrare di una famiglia, della molteplicità dei profili che ognuno ha nei vari contesti in cui è inserito (un esempio per capirci: un avvocato spietato in tribunale, che quando è in casa è un tenero padre, che quando è con gli amici è il re della goliardia), ma dopo un po’, rileggendo, mi sono reso conto di aver costruito la base per un giallo, pur pieno di introspezione, ma che capitolo dopo capitolo è risultato articolato, con colpi di scena e finale imprevedibile. Sostanzialmente ha iniziato a divenire un giallo senza che me ne accorgessi”

Sono seguiti poi al tre ben 7 pubblicazioni in cui ti sei divertito ad attraversare altri stili. Quali ti hanno coinvolto di più nella scrittura e perché?

Come dicevo prima, fatico a prediligere un determinato genere, posto che il “giallo” sia quello in cui mi sono impegnato maggiormente. Per quanto concerne i romanzi, ancora una volta direi tutti, nessuno escluso. Ma volendo per forza scegliere “Plein Air: l’ultimo caso del maresciallo Bianchi”, ideato con una associazione di camperisti, che vede la trama svolgersi in località a me care. Una su tutte, Vedriano di Canossa e la sua Biblioteca Collinare di cui sono innamorato e con cui ho avuto tante belle collaborazioni e “8 settembre 2018” un romanzo scritto di nascosto che è stato il regalo di nozze a sorpresa per Helga, la bibliotecaria di Biblioteca Collinare, e Stefano che si sono sposati appunto l’8 settembre 2018”

Sono curiosa di conoscere qualcosa di più di queste due pubblicazioni: “Il signore dei lucchetti e “#lettureantivirus” una antologia nata durante il primo lockdown.

Due cose innanzitutto: la prima è che queste due antologie dimostrano come, nello scrivere si sviluppino grandi amicizie. In esse infatti sono ricompresi tanti autori tra i quali si incrociano incredibili collaborazioni ma, prima ancora, rapporti interpersonali fantastici: Bruno Aleotti, I.L. Federson, Alessandro Zelioli, Manuela Chiarottino, Nina Miselli, Francesco Serio. La seconda è che queste due raccolte hanno segnato l’esordio letterario rispettivamente di Verdiana Rossi e Alessia Grasselli, entrambe bravissime e giovanissime. Il Signore dei Lucchetti ricomprende racconti che hanno appunto i lucchetti come tema. Perché i lucchetti? Molto semplice: abbiamo scritto in sinergia con il museo dei lucchetti di Cedogno (PR), unico al mondo, per festeggiare il suo creatore Vittorio Cavalli che ha raccolto la sua collezione lungo i suoi oltre novant’anni.

#lettureantivirus nasce dall’iniziativa di un gruppo facebook ME&M: Montecchio Emilia & Montecchiesi di cui sono amministratore e fondatore. È un gruppo di paese nato per trattare argomentazioni culturali ed eventi (aperto a tutti e non solo ai Montecchiesi, per cui colgo l’occasione per invitare all’iscrizione) che annovera oltre 1.500 membri. Col primo lockdown abbiamo cercato di fornire qualche diversivo alle persone chiuse in casa. Iniziai mettendo a disposizione gratuitamente il mio romanzo “Plein Air” poi aprimmo diverse rubrìche per trattare di artisti, sportivi, storia, ricordi, lezioni di esercizio fisico e tanto altro ancora. L’altro amministratore del gruppo, Alessandro Zelioli, giornalista, iniziò a trasmettere in diretta tante cose e, tra esse, #lettureantivirus, una trasmissione che si occupava di libri, soprattutto di autori locali. Alla fine del lockdown abbiamo deciso di dare un seguito a questa trasmissione scrivendo questa raccolta, peraltro legata a una iniziativa di beneficienza. Come nelle dirette, ci siamo dati la regola di non prendere posizioni politiche o, comunque pro o contro qualcosa. Ecco allora che anche i racconti sono vere e proprie storie di vita di persone comuni, utili proprio per consentire al lettore di immedesimarsi e capire che le difficoltà che può provare non sono un suo specifico problema, ma una situazione comune, dai più condivisa.

Un aneddoto: inizialmente eravamo in cinque autori. L’editore non era convinto di pubblicare qualcosa sul covid: a pandemia ancora in corso poteva essere inopportuno. Quando però ha letto i racconti, non solo ha aderito, ma, essendo anch’egli autore, ha chiesto di unirsi con un suo racconto, divenendo il sesto”

Instancabile sei anche attivo su molti canali web. Quali interessi hai cavalcato in questo senso?

Malgrado l’età, apprezzo i social. Ho pagine personali, sia come autore che come paroliere, gruppi e pagine che trattano vari interessi, la mia città, i libri, la musica, la Juventus, che è la mia squadra del cuore, e tanto altro ancora.

Il mio sogno? Aprire un vero e proprio network coinvolgendo il maggior numero di persone possibile…con la pensione che si avvicina magari ci riuscirò”

Per scrivere un libro in genere quanto tempo ti serve? So che è una domanda non precisa, ma, più o meno? E questo entra fastidiosamente qualche volta nel tuo ménage familiare?

“Di norma mi servono dai sei ai diciotto mesi. I miei figli e la mia compagna mi sopportano e supportano, ma non solo loro. Dietro ogni romanzo ci sono almeno una ventina di amici che per un aspetto o per l’altro divengono parte della squadra. Io in effetti sono in antitesi con l’immagine dell’autore solitario seduto davanti al foglio bianco o al computer.

Tra tutti la costante è Simona Coppolino che è intervenuta in tutti i miei lavori per editing, ma anche per verificare le trame e ogni altra cosa necessaria a non tralasciare nulla. Già dai tempi di “In apparente normalità”, il mio romanzo di esordio, ho sempre sostenuto come fossimo pressoché coautori. Avevo anche coniato lo pseudonimo Simenio Pattalino. Ma l’unico neo di Simona è il non aver ancora voluto scrivere in prima persona”

E’ difficile oggi riuscire a pubblicare o a farsi leggere dagli editori? Com è la vita di uno scrittore oggi, che non sia già un nome noto?

In realtà non è affatto difficile relazionarsi con gli editori, col mio primo romanzo avevo ottenuto undici diverse proposte editoriali. Ovviamente non ci si deve aspettare di avere a che fare con i grandi editori che hanno già la loro “scuderia” di autori.

Bisogna però essere ben attenti perché il mondo dell’editoria è ricco di insidie. Ho avuto diverse controparti con le mie varie pubblicazioni, ma ancor oggi sono convinto che ogni autore raggiunga il suo pubblico grazie al suo personale impegno. Tutto il resto è marginale. Per la mia esperienza l’autoproduzione è perciò la soluzione di gran lunga più interessante”

Il tuo territorio soddisfa la tua voglia di essere riconosciuto in quanto artista? Li leggono i tuoi libri? Sai, perché di solito si dice che, ‘Nemo Profeta in patria est’

“Non sempre ho avuto i maggiori spazi nella mia città, trovandoli invece altrove, ma è nell’ordine delle cose. Ciò nonostante i miei libri vengono letti, peraltro mi preoccupo di fornire sempre copia di ciò che scrivo anche alla biblioteca, e ho partecipato a diversi eventi locali. Perciò, pur riconoscendo la valenza dell’espressione, ritengo di non poter che essere soddisfatto del ritorno avuto da Montecchio e dai Montecchiesi.

In senso opposto, fortunatamente i miei romanzi hanno trovato i propri lettori anche fuori dal mio territorio, dalle regioni più vicine a quelle più lontane, sino ad arrivare a italiani in Brasile e in Medio Oriente, dove è stata fatta anche una presentazione in presenza, quando ancora si poteva. Grandi soddisfazioni.

Questa è libera…

“La parte del “giocare con le parole” su cui finora ho lavorato di meno, ma in cui credo molto, sono le canzoni. In questo contesto, che affronto esclusivamente come paroliere, ho sinora firmato solamente due pezzi, ma credo sia interessante sviluppare questo filone. Proprio in questi giorni sto pubblicando la mia seconda canzone, una ballata dedicata alla mia città, dal titolo “Montécc”. Mio è il testo, la musica è di Giuliano Lasagni ed è interpretata da Paradiso Gilioli. La prima canzone “Avrei voluto” è un testo a cui sono estremamente legato e che racconta di un “Amore non Amore” con la A maiuscola, che dura una vita intera, anzi due. La musica è del prof. Eros Campanini.

Per concludere, in questa fase sto scrivendo un nuovo giallo e, contemporaneamente, un racconto per un concorso letterario. Sono poi in lizza anche quest’anno nella terza edizione del premio Letterario La Rocca, cui avevo partecipato anche lo scorso anno, vincendo la sezione racconti con il mio “racconto di un padre”.