“Scrivere di Rubens ma per scrivere di me, e per tutti coloro che hanno un sogno ma vengono ostacolati dai pregiudizi e dai fallimenti altrui”  Stefano Muroni

Di Stefano Muroni, attore italiano, scrittore oltre che ideatore e fondatore della Scuola d’Arte Cinematografica “Florestano Vancini” a Ferrara, mi ero già interessata, proprio in occasione dell’inaugurazione di questa splendida realtà con sede in Emilia Romagna, un altro polo dell’arte del Cinema che spezza un po’ il monopolio che Roma e Milano si dividono.

Il 1° aprile scorso, “..e non è un pesce d’Aprile” mi ha detto scherzando al telefono quando mi ha comunicato di questa uscita, è stato pubblicato il suo  nuovo libro. Questa volta si tratta di un romanzo “Rubens giocava a pallone”.

Innanzitutto nonostante tu abbia già scritto altri libri, questo per te è un esordio, il primo vero romanzo… anche se sostenuto da una storia vera, da una tragedia che il mondo non ha mai dimenticato.
Io provengo dai racconti orali, dalla narrazione tramandata di bocca in bocca, da cascina in cascina, da corte a corte. Per questo fin dalla mia prima pubblicazione, Tresigallo, città di fondazione (edizioni Pendragon, 2015) ho cercato di raccontare quello che mi raccontavano gli altri, i vecchi del mio paese, coloro che erano vicini all’oblio. Anche nel secondo libro, una raccolta di racconti, Dall’alto della pianura (edizioni Pendragon, 2017) ho cercato di narrare le storie della mia gente di pianura. Per questo, anche per il terzo libro, per la prima volta sotto forma di romanzo, ho raccontato la realtà che mi è stata tramandata, le storie vere di bonifica. E, in questo caso, la storia locale si è andata a intersecare con la storia nazionale”

Perché la scelta di scrivere prendendo a ‘protagonista’ il giovanissimo Rubens? E’ forse il fatto di essere concittadini (entrambi ferraresi)?

Dopo la morte di mio nonno, avvenuta nel 2016, l’ultimo gigante della bonifica, avevo scritto venti novelle che ripercorressero la storia della grande bonificazione ferrarese, dal 1872 al 2018. Questa raccolta deve ancora vedere la pubblicazione, ma spero sia l’anno prossimo. E’ stata mia moglie, scrittrice, a spingermi a scrivere un romanzo. Mi diceva sempre: “Prendi la novella più bella che hai scritto e trasformala in romanzo”, e così ho fatto. La novella si chiamava “Rubens del Cimabue”, perché Rubens Fadini, nella mia novella, nasceva a corte Cimabue, tra Gherardi e Jolanda di Savoia, nel basso ferrarese. E così è nato “Rubens giocava a pallone”.

E ancor prima, perché hai scelto di raccontare di quel drammatico incidente?

In Rubens coesistevano gli ingredienti perfetti per una grande storia: i ricordi locali con la storia nazionale, la trasformazione di un’Italia contadina in un’Italia industriale, ma anche i sogni di un bambino che diventano realtà. E la strage di Superga, nella mia narrazione, è in realtà il suggellamento eterno dei sogni realizzati di Rubens. La morte lo ha reso immortale. Per questo, dopo oltre settanta anni, ancora ne parliamo”

Qual è stato l’obiettivo con cui hai elaborato il testo, la storia?

Certamente per lasciare una traccia. Sentivo che, più passavano gli anni, più questa storia si stava perdendo nel vento. Sono consapevole che tutto tende all’oblio, e che fra secoli di noi non resterà nemmeno la memoria di un nome, ma almeno per qualche decennio questa storia è salva, esiste il romanzo. Poi continuo nella mia ricerca di storie dimenticate della mia terra, raccontandole attraverso la letteratura e il cinema, col fine ultimo di ridare una voce a chi non ha più voce”

Quanto ti ha impegnato la scrittura?

In realtà molto poco. Ventun giorni, ogni giorno un capitolo. Ma io sono così. Studio per anni i libri, i documenti, parlo per anni con le persone, i vecchi, gli storici, gli appassionati. Quando inizio a scrivere mi è tutto chiaro, il romanzo l’ho già in testa”

Quando è nata invece l’idea di scriverlo?

Fin da bambino sapevo che esisteva questa storia, e che un giorno mi sarebbe piaciuto raccontarla. Sapevo di Rubens da una cartolina che rappresentava gli eroi del Grande Torino che si trovava nel libro sulla storia di Jolanda di Savoia. Me lo sono sempre detto: “Un giorno devo raccontare la storia di Rubens, forse sta aspettandolo soltanto me”.

E’ molto intensa anche la passione che il giovanissimo Rubens nutriva per il calcio, tanto da non temere le ire paterne

Mi sono molto ritrovato in Rubens. Non tanto con il rapporto col padre, che in Rubens è drammatico, ma nell’avere un grande sogno quasi impossibile. Quando scrivevo il romanzo conoscevo l’energia e l’entusiasmo che Rubens ha messo per realizzare il suo sogno di diventare un calciatore. E’ lo stesso che ho avuto io per realizzare il mio sogno di bambino: diventare un attore di cinema. Forse anche per questo ho scritto il romanzo: scrivere di Rubens ma per scrivere di me, e per tutti coloro che hanno un sogno ma vengono ostacolati dai pregiudizi e dai fallimenti altrui

E’ vero che il libro è uscito da pochissimi giorni, il 1° aprile, ma hai già avuto la possibilità di testarlo sul pubblico di lettori?

Ancora no. So però che in molti lo stanno leggendo e a breve mi faranno sapere. In anteprima l’ha letto mia moglie e mia mamma, ed è piaciuto molto”

Il fatto che oltre che scrittore tu sia anche attore e produttore cinematografico, oltre che fondatore della Scuola d’Arte Cinematografica “Florestano Vancini” proprio a Ferrara, hai impostato la scrittura guardando avanti? Magari pensando ad una fiction, ad un film!

Realizzare un film su Rubens Fadini richiederebbe uno sforzo produttivo importante. Penso solo ad alcune scene, come ricreare lo stadio Filadelfia colmo di gente. Eppure il romanzo l’ho pensato per un film sostenibile. Anche le fabbriche di Milano potrebbero essere ambientate nelle fabbriche rossoniane di Tresigallo, in qualche modo. Chissà. Tutto può essere”

A proposito, qualche novità dalla Scuola di Cinema?

La scuola di cinema Vancini ci sta esplodendo fra le mani. In meno di due anni abbiamo innescato un interesse e una voglia di partecipare all’esperienza Vancini, da parte di ragazzi da tutta Italia. Ad oggi gli interessamenti sono quasi quadruplicati rispetto l’anno scorso. Siamo l’unica scuola nazionale di cinema italiana che dura tre anni tutti i giorni, assieme al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Siam orgogliosi”

E progetti prossimi?

Tantissime cose. Una nuova scuola per bambini del cartone animato, una mostra permanente a Ferrara di manifesti cinematografici, il nostro prossimo film. E molto altro. La nostra azienda creativa non si ferma mai, nemmeno col covid”

La cosa di cui sei più orgoglioso?

“Avere trasformato i miei sogni in lavoro, che è in fondo la mia vita. E avere creato una filiera creativa, tra Ferrara e la sua provincia, a cui ad oggi collaborano trenta persone. Creare lavoro attraverso la creatività è forse la cosa più difficile, soprattutto in città lontane da certi contesti. Noi a Ferrara ce la stiamo facendo in maniera esemplare. Tutto è possibile, se le cose si fanno con garbo, gioiosità e secondo natura”

A seguire invece il precedente articolo sull’avvio della Scuola di Cinema di cui ho accennato in apertura

 

A Ferrara la Scuola d’Arte Cinematografica “Florestano Vancini”

E’ infatti Ferrara, la fortunata città romagnola che ospita l’importante Scuola di Cinema dedicata a “Florestano Vancini”, di cui si è parlato nel corso dell’incontro con colui che l’ha fortemente voluta e con una grande passione ne sta curando ogni aspetto, Stefano Muroni.

Ferrarese doc, per motivi professionali ora il suo luogo è ‘ovunque’, con una base preferenziale a Roma, caput mundi!

Attore, presentatore e scrittore. E a lui ho chiesto da quanto tempo cullava questo progetto?

Forse da quando sono nato. Mi sono sempre chiesto come fosse possibile, in una città del cinema come è Ferrara, con i suoi grandi cineasti e i grandi film girati in città e nel territorio, che non esistesse una scuola del cinema, dell’arte cinematografica. Così l’ho creata io, assieme a tutti i miei collaboratori

Sicuramente avrai reso felici tanti giovani che hanno difficoltà a trasferirsi nelle grandi città, Roma, Milano, Napoli, per poter seguire un percorso di studi di questo tipo

Proprio così. I ragazzi del ferrarese, dell’Emilia Romagna e del nord Italia, se vogliono studiare cinema in scuole prestigiose e riconosciute, devono trasferirsi a Roma, come ho fatto io a 18 anni. Credo sia necessario mantenere i nostri giovani, i nostri talenti, i nostri futuri cineasti sul nostro territorio. Chi parte si relaziona sempre con realtà che non conosce, talvolta traumatiche, e il rischio è di perdere e disperdere talenti. Spero che, grazie alla scuola Vancini, ci sia un’inversione di marcia

Qual è la filosofia della tua nuova Scuola d’Arte Cinematografica”?

In accordo con il direttore artistico Alessio di Clemente, vogliamo mettere al centro prima di tutto la persona, non l’allievo. Ma soprattutto, oltre a formare futuri registi, sceneggiatori, attori e professionisti del cinema a tutto tondo, l’unicità della scuola sta nel creare imprenditori cinematografici, imprenditori delle proprie storie, della propria creatività. Il regista, l’attore, lo sceneggiatore devono sapere come realizzare la propria opera: dalla scrittura alla ricerca finanziamenti, dalla produzione alla distribuzione e alla vendita televisiva. I nostri allievi non usciranno dalla scuola con la paura di competere col mercato, ma sapranno creare il proprio mercato. È un qualcosa di rivoluzionario” 

E’ proprio innovativo, imprenditoriale e perfettamente calato sulla nostra attuale società. Ma perché hai scelto di dedicarla al regista e sceneggiatore Florestano Vancini?

Florestano Vancini è stato il cineasta ferrarese che più ha amato il suo territorio. Ed è sempre stato anche imprenditore delle sue storie. Spesso ha scritto la sceneggiatura, ha cercato i finanziamenti, ha prodotto i suoi documentari e film, li ha portati al cinema. Era una figura modernissima già cinquant’anni fa, e la sua storia, il suo metodo di fare cinema in maniera artigianale fa scuola ancora oggi”

Quindi una figura da prendere come punto di riferimento. Quale pensi possa essere il plus valore della scuola?

Il forte legame tra studio e lavoro, tra formazione e professione. Non solo i neodiplomati sapranno creare le proprie opere, ma la scuola, essendo promossa dalla società di produzione Controluce, offrirà la grande opportunità di muovere i primi passi nel mondo del lavoro, all’interno dei set delle produzioni Controluce, e questo non è scontato perché a Roma questa opportunità non mi è stata data. E ad ottobre inauguriamo la Vancini Talent, prima agenzia per attori e attrici all’interno di una scuola di cinema del nord Italia

Davvero un’ottima opportunità anche a protezione degli allievi, mi sembra. Ma Stefano perché a Ferrara (che rimane comunque la tua città natale) e non per esempio a Bologna?

Dobbiamo metterci in testa che Ferrara è una Cinecittà sul Po, una Città del Cinema. Per la sua altissima produzione cinematografica che ha avuto per tutto il ‘900, per le nuove realtà formative e produttive che iniziano ad esserci sul territorio (come il Centro Preformazione Attoriale, la prima scuola di cinema e teatro d’Italia pensata per gli adolescenti, o la Tenda Summer School,  campus internazionale unico nel suo genere; la stessa Controluce). Ma anche per le location interne ed esterne sparse per tutta la provincia, rimaste immutate nel tempo. Ferrara sarà nei futuri decenni punto nevralgico di alta formazione, nuove professionalità, produzioni di qualità. Una città del cinema dove abitano professionisti del cinema. Un’utopia, che sta diventando realtà. Una vera filiera creativa, che abbiamo chiamato appunto Ferrara La Città del Cinema, e che presenteremo ufficialmente quest’anno durante la Mostra del Cinema di Venezia, assieme al Ministero, la Regione Emilia – Romagna, il Comune e la Provincia di Ferrara”

Come saranno strutturati i corsi e a chi sono rivolti?

La scuola dura due anni più un terzo anno di specializzazione (che noi chiamiamo “anno di lavoro”), cinque giorni a settimana, quattro ore al giorno, 500 ore all’anno, tre corsi: regia, sceneggiatura e recitazione. Per i primi due corsi cerchiamo ragazzi fra i 19 e i 30 anni, mentre per recitazione allievi dai 19 ai 26 anni. Nel corso del triennio comunque si studieranno tutte le materie legate al cinema: dal montaggio alla produzione, dal costume alla scenografia, fino ad arrivare alla musica e alla pittura

Con quali criteri hai scelto quelli che sono e/o saranno essere i docenti?

Io e il direttore artistico Alessio di Clemente abbiamo cercato di scegliere i docenti che avessero una grande esperienza sul set, e che avessero avuto una importante formazione. I nostri docenti vengono da Ferrara, da Bologna, da Milano, da Roma, da Locarno. Hanno partecipato a film premi Oscar, hanno insegnato nelle maggiori scuole del mondo. Alessio Di Clemente, che è il direttore artistico della scuola, oltre ad essere attore e acting coach, è stato per anni docente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, diretto da Giancarlo Giannini”

Quindi oltre a creare forza lavoro specifica, la tua scuola potrà crearne anche indirettamente alla città di Ferrara, che potrebbe trasformarsi ancora di più  in ‘campus universitario’?

Assolutamente. Aprire una scuola significa portare ragazzi dall’Italia a vivere sul territorio, significa creare nuovi posti di lavoro tra i docenti e nuove produzioni. Una maggior attrattività culturale porta sempre come conseguenza un maggior indotto economico. Ma questo non è il mio obiettivo principale. Io apro la scuola per cercare di elevare la spiritualità delle persone, la felicità di una comunità. Mi piace vedere la scuola, e tutto quello che stiamo creando, come una grande attività di produzione di felicità, per noi e per quelli che verranno

So che hai nei progetti anche quello di realizzare un Festival a Ferrara.

Un festival forse no. In Italia ce ne sono troppi, e di solito scompaiono dopo tre edizioni. Ma una manifestazione legata al cinema e alla formazione sì, mi piacerebbe”

A proposito, chi ha materialmente sostenuto la realizzazione della Scuola?

Per adesso i miei sogni e la mia società, ma è giusto che sia così, siamo appena all’inizio. Ma da un anno e mezzo abbiamo anche l’affetto e l’attenzione del Comune di Ferrara e della Regione Emilia Romagna. Il Comune a settembre ci darà una seconda nuova sede. La Fondazione Lascito Niccolini ci è accanto. Tutte le istituzioni cospirano positivamente affinché noi possiamo dar vita ad una grande realtà. Sono sicuro che, con l’entusiasmo di tutti, faremo grandi cose”

Ed ora parliamo un po’ di te.. Ci racconti i tuoi primi passi ed esordi nel mondo del cinema o comunque in veste attoriale?

Dopo il Centro Sperimentale di Cinematografia, dove mi sono diplomato come attore, ho avuto una grande fortuna: nessuno mi ha cercato. Così ho iniziato a scrivere i miei corti, a cercare i finanziamenti per produrli, ad interpretarli, a portarli nei festival. Fino ad arrivare a La Notte non fa più paura, opera che tratta il terremoto dell’Emilia, film che ho scritto, prodotto, interpretato, proposto ai festival, venduto a SKY (ha avuto anche una segnalazione ai Nastri d’Argento e, grazie alla distribuzione che ho messo in atto, è entrato in selezione anche ai Davi di Donatello). È stato un film che mi ha fatto scuola. Da lì ho capito come diventare imprenditore delle mie storie e dialogare con realtà di serie A. Poi è da anni che collaboro con Enciclopedia Treccani Web, presento al Giffoni Film Festival, collaboro con Rai2, ho creato scuole per ragazzi e campus mondiali. Ho fatto tutto da solo, nessuno mi ha chiamato, nessuno mi ha regalato niente. Mi ritengo molto fortunato”

Chi è stata la persona che potrebbe essere stata determinante o quale l’incontro decisivo per la tua carriera?

Me stesso e i miei sogni di ragazzo di provincia, soprattutto. E poche altre persone, ma che non fanno parte del mondo del cinema, incredibilmente. Ma alcuni mentori ce li ho avuti. Un nome su tutti? Claudio Gubitosi, direttore del Giffoni Film Festival. L’esperienza al Giffoni e gli incontri con il Direttore sono stati la mia Bocconi, la mia Ca’ Foscari. Come trasformare un territorio grazie ad un’idea, come creare dal nulla un’azienda culturale e molte, molte altre cose mi sono state insegnate lì, al festival, e da Claudio Gubitosi”

Una tua interpretazione indimenticata, sino ad ora?

“Forse quella offerta col nuovo film, uscito nel 2019 e andato in onda poche settimana fa in prima serata sulla Rai. Il film si intitola Oltre la bufera, e parla degli ultimi anni di vita di don Giovanni Minzoni, parroco ucciso dai fascisti nel 1923. È un’opera meravigliosa, scritta e diretta da Marco Cassini, prodotta da Controluce e Valeria Luzi”

E quella che vorresti interpretare ma che ancora non si è materializzata?

Non c’è un personaggio che da sempre ho nella mente. Mi innamoro delle storie che mi porta il vento della bonifica, della mia pianura del basso ferrarese. Quando sento che lo stomaco mi si contorce dall’emozione di fronte ad una storia, allora so che devo raccontarla. È successo così per il film  sul terremoto, così per il film su don Minzoni. Ed è da poche settimane che lo stomaco ha ricominciato a muoversi. Credo di avere in mente la storia per il mio nuovo film. E ne sono felicissimo”

Stefano per concludere?

Aspetto nella nuova scuola tutti coloro che sognano il mondo del cinema, che magari non sono capiti dai propri genitori, o dagli insegnanti, dagli amici o dalla società, a Ferrara. Può sembrare strano, ma a Ferrara credo che si possano trovare tutte le risposte alle proprie domande. Qualcosa sta cambiando, la produzione si sta decentrando. E mi piace pensare che il futuro non sia solo a Roma o a Los Angeles, ma magari anche nelle città di piccole dimensioni, a misura d’uomo, dove le persone ancora si conoscono e si salutano. Aspetto tutti a Ferrara, capitale dei sogni che si possono realizzare. Ferrara, La Città del Cinema”